MILANO

Contro la corruzione, rafforzare la legalità

Tavola rotonda in occasione della presentazione della prima edizione del corso di Perfezionamento in Anticorruzione e Trasparenza (CoPAT): la sfida è profilare strategie di prevenzione, coordinate tra i diversi operatori del settore pubblico e privato
Contro la corruzione, rafforzare la legalità

Un fenomeno criminale dalle molteplici implicazioni: giuridiche, etiche, economiche e sociali. È questa la premessa da cui bisogna partire per affrontare la corruzione e profilare strategie di intervento, coordinate tra i diversi operatori del settore pubblico e privato, atte a prevenire concretamente il rischio della commissione di illeciti corruttivi. Ne sono convinti i relatori che venerdì 17 marzo hanno partecipato alla tavola rotonda dal titolo: Prevenire la corruzione, garantire la trasparenza: saperi e strategie politico-criminali per rafforzare la legalità nel settore pubblico e privato.

L’incontro è stato introdotto da Franco Anelli, rettore dell’Ateneo, il quale ha sottolineato l’importanza di sviluppare politiche di intervento a carattere preventivo e sistemico, non concentrando l’attenzione unicamente sul versante del trattamento sanzionatorio. In questi termini, Mario Romano, emerito di Diritto penale dell’Università Cattolica, che ha presieduto e moderato il dibattito, ha constatato come il diritto penale, seppur rivesta un ruolo fondamentale, non possa essere l’unico strumento di intervento nella repressione del fenomeno corruttivo. Significativo, sul punto, il “cambio di rotta” imposto dalle recenti riforme legislative, a partire dalla legge n. 190/2012 (“legge Severino”), conformemente alle numerose Convenzioni internazionali in materia di corruzione. Secondo il docente, la volontà legislativa punta ad agire su due fronti congiuntamente: repressivo, con un inasprimento del trattamento sanzionatorio; e preventivo, mediante l’impiego di strumenti propri del diritto amministrativo, che agevolino la maturazione di una logica auto-responsiva dell’amministrazione.

Affrontare il problema della corruzione significa, inoltre, riflettere in primo luogo in termini di cambiamento culturale, come ha ricordato Gabrio Forti, preside della facoltà di Giurisprudenza e direttore del Centro Studi “Federico Stella” sulla Giustizia penale e la Politica criminale (CSGP). Leit motiv dei periodici scandali rilevati dall’Autorità Giudiziaria, come già aveva compreso Cesare Beccaria, è la logica del clientelismo, propria di uno “spirito di famiglia” socialmente dannoso. La ricerca può fornire un valido contributo al legislatore per l’adozione di istituti efficaci che incentivino un’adesione profittevole alla legalità. In tal senso, il professor Forti ha ricordato le proposte avanzate nel 1994 da un simposio di professori e magistrati, all’indomani di Tangentopoli (cosiddetta proposta di Cernobbio), ancora oggi in larga parte sostanzialmente inattuate. In particolare, si richiedeva di introdurre una specifica causa di non punibilità per il denunciante coautore del reato (come, avviene per i collaboratori di giustizia  nei reati di criminalità organizzata), di stilare un registro nazionale delle lobby e di attuare misure atte a prevenire i conflitti di interesse per i soggetti che rivestono cariche pubbliche.

Nel corso degli interventi è emerso come la corruzione sia un crimine le cui conseguenze lesive assumano rilevanza sistemica. Questo richiede di superare i confini disciplinari di appartenenza del ricercatore, così come dell’operatore del diritto, per comprenderne i meccanismi eziologici. In questo senso, Aldo Travi, ordinario di Diritto amministrativo dell’Università Cattolica, ha posto l’accento sull’importanza dello studio e sulla comprensione del diritto amministrativo per capire le dinamiche del “malaffare”. La corruzione ha difatti subito un’evoluzione nel corso degli anni, emancipandosi dalla “fisicità della tangente” e assumendo forme sempre più immateriali strettamente connesse all’esercizio dell’attività della pubblica amministrazione, come si riscontra nella casistica degli appalti e dei sub-appalti.

Nelle strategie di intervento ex ante, un ruolo fondamentale è rivestito dall’Autorità Nazionale Anti Corruzione (Anac), che ha il precipuo scopo di prevenire la corruzione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, nelle società partecipate e controllate e di vigilare in tutti quei settori della pubblica amministrazione nei quali possano svilupparsi fenomeni corruttivi. Sul punto, Nicoletta Parisi, componente del Consiglio della stessa Autorità e ordinario di Diritto Internazionale all’Università degli Studi di Catania, ha riferito in merito all’implementazione delle linee guida dell’Autorità in materia di contratti pubblici, organizzazione degli uffici e piani anticorruzione e di tutela dei whistleblower.

Vi è stato poi l’intervento di Ugljesa Ugi Zvekic, professore aggiunto dell’Università di Belgrado e rappresentante permanente della Serbia presso l’Onu a Ginevra, che si è soffermato sui profili internazionali della corruzione e di come, spesso, divenga “veicolo” per la commissione di altre forme di criminalità a portata transnazionale, quali: crimine organizzato, traffico di stupefacenti, tratta di esseri umani e terrorismo. Infine, Giammarco Sigismondi, associato di Diritto amministrativo all’Università Cattolica, ha rammentato l’utilità di investire sulla formazione dei funzionari della PA, per sviluppare quelle conoscenze atte a gestire i rischi corruttivi nel settore pubblico, ricordando come, in primo luogo, la corruzione sia un reato contro l’amministrazione stessa.  

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