Dopo una lunga attesa, il momento è arrivato. Non si conoscono ancora i dettagli, ma dal prossimo ottobre Netflix approderà anche in Italia. La società americana, fondata da Reed Hastings, offre in tutto il mondo film e serie tv on demand su smart tv e altri supporti digitali in cambio di un abbonamento mensile e, da qualche anno, si è lanciata anche in produzioni originali importanti come House of Cards e Orange is the New Black.
Secondo i ricercatori del Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi (Certa) dell'Università Cattolica, l'approdo nel nostro Paese è una sfida molto complicata, che si farà forza di un brand globale e riconoscibile e di un prezzo conveniente, ma dovrà comunque lottare per trovare il suo spazio, e soprattutto il suo pubblico. Di più, si tratta di un ingresso che, a prescindere dal possibile successo, segnerà nel profondo un mercato televisivo e un sistema mediale che da almeno dieci anni è alle prese con una lunga e costante mutazione.
Netflix va, infatti, ad aggiungersi agli altri servizi on demand già presenti e in parte nati sul suo modello – dall’Infinity di Mediaset a Sky Online, da TIMvision a Chili –, ma anche alla ricca e variegata offerta gratuita di programmi e spezzoni su internet – dai siti web delle emittenti tradizionali al mosaico infinito di YouTube.
Tuttavia, un modello di visione di film e telefilm interamente basato sulla fruizione non lineare e sul cosiddetto binge viewing - l’abbuffata di titoli e puntate disponibili quando e come si vuole - mette radicalmente in questione la classica tv lineare, basata sulla visione casuale e sulla sincronizzazione data dal palinsesto: un consumo non esclude l’altro, certo, ma entrambi si ridefiniscono. Insomma, anche se a volte non si direbbe, c’è parecchio fermento nella tv italiana.
Un dato è certo: se il panorama della televisione e dei media sta cambiando rapidamente, altrettanto velocemente cambiano le professioni della comunicazione. Come dimostra una recente ricerca dell’Almed, l’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica, che risponde a questa sfida con un articolato pacchetto di master universitari che va da giornalismo e informazione a ideazione e produzione televisiva e cinematografica, dalla comunicazione aziendale all’organizzazione di eventi per l'arte, la cultura e la moda.
Dallo studio, realizzato in collaborazione con il Certa e il Centro di Ricerca sui Media e la Comunicazione (OssCom), emerge che, insieme ai cambiamenti delle figure professionali e delle filiere produttive delle industrie mediali, cambiano anche le competenze richieste a chi ci lavora, così come a chi intende lavorare nel settore.
La specializzazione e insieme il dialogo costante con un sistema complesso da conoscere nel suo insieme, l’aggiornamento frequente, la prospettiva internazionale e la competenza linguistica, la flessibilità, l’accelerazione dei tempi e dei ritmi di lavoro, la capacità di conciliare un’attitudine creativa ed editoriale e una sensibilità commerciale costituiscono skill fondamentali da acquisire e da perfezionare nel tempo.
Le conoscenze approfondite non bastano, quando non sono affiancate da una passione forte e da una costante curiosità, da attitudine ed elasticità mentale, da un approccio pragmatico e dalla capacità di mettersi e rimettersi in gioco. Solo così la passione può diventare una professione. E si adatta al meglio a uno scenario mediale che si prepara all’avvento di Netflix, per scoprire l’effetto che fa.