Un coltello affilato che penetra nelle democrazie manipolandone l’opinione pubblica. «Lo sharp power si basa sull’informazione e tiene conto del tempo in cui viviamo – spiega Paolo Messa –. L’innovazione tecnologica, l’utilizzo degli smartphone ha modificato le nostre abitudini sia nel creare che divulgare informazione. Il suo impatto politico è stato anticipato dai russi e cinesi. Basti pensare che nelle conversazioni social si possono inserire dei troll per deviare il dibattito politico».
Paolo Messa, consigliere dell’amministrazione Centro Studi Americani, ha presentato in Cattolica lo scorso 18 marzo il volume “Sharp Power. La guerra (cyber) al potere”, nell’ambito del ciclo di otto incontri sul tema “Popolo rabbioso contro élite?”. Con lui Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta scuola di economia e relazioni internazionali, Simone Crolla dell’American Chamber of Commerce in Italia, e Pier Donato Vercellone, presidente della Federazione relazioni pubbliche italiana (Ferpi).
La Cina e la Russia con diversi metodi stanno giocando un ruolo sia con lo sharp power che con il soft power. Le due nazioni infatti stanno promuovendo una silenziosa ma efficace opera di propaganda all’estero per aumentare la propria influenza. Interferendo nella vita dei Paesi democratici sfruttando a proprio favore i nuovi strumenti offerti dalla globalizzazione: manipolazione di notizie, pressioni sugli attori politici ed economici, attacchi cyber. «Lo sharp power – spiega il professor Parsi – è un coltello affilato che trafigge il contesto politico dei Paesi presi di mira e mina l’opinione pubblica di questi Paesi. Tutti i leader internazionali cercano di conquistare il cuore e le menti. Esattamente quello che fa il soft power: ovvero azioni di propaganda messi in atto da Paesi non democratici verso Paesi democratici. Per ridurre il gap tra questi Paesi».
La visita di Xi Jinping in Italia ne è la dimostrazione. Il presidente cinese sarà nel nostro Paese per firmare il memorandum d’intesa con il presidente del consiglio Giuseppe Conte sull’adesione alla Belt and road initiative (Bri), il grande piano infrastrutturale cinese che coinvolge più di sessanta Paesi tra Asia, Africa ed Europa. La nuova via della seta. L’Italia è il primo Paese del G7 a firmare l’accordo con la Cina, il quattordicesimo Paese europeo. «L’Italia è un Paese sottocapitalizzato – conclude Parsi –. È affascinata così dal capitalismo e dalle infrastrutture cinesi. La nuova via della seta ha un manifesto chiaro: facciamo affari ma non parliamo di politica. Ma le democrazie devono parlare di politica».