Hélé Béji è un’intellettuale, saggista e scrittrice di origine tunisina, molto impegnata nel dibattito politico del suo paese. E’ l'autrice di saggi importanti come "Nous, décolonisées" (2008) e "Islam pride. Derrière le voile" (2011).
Dopo aver lavorato all'Unesco come funzionario internazionale, ha fondato nel 1998 il Collège international di Tunisi: uno spazio di dialogo e di libertà, all'interno della Medina, con il chiaro obiettivo di avere un'influenza nella gestione politica del proprio paese in un momento drammatico della sua storia.
Il 22 febbraio scorso la scrittrice è stata ospite a Brescia e ha tenuto una conferenza dal titolo “L'écriture de Hélé Béji entre narration et essai”, dialogando con i docenti Sara Cigada e Davide Vago.
Partendo dalla sua infanzia e dalla sua esperienza personale, Hélé Béji ha parlato di letteratura ma anche di identità e alterità, nonché del suo rapporto con la lingua e la cultura francese. La scrittrice ha insistito nel voler partire da una testimonianza intellettuale, culturale e soprattutto umana. Hélé Béji sostiene che per comprendere l'altro sia necessario partire da se stessi, ed è quello che essa propone in prima persona nelle conferenze che organizza al Collège international de Tunisi che conta nella sua storia ospiti illustri, da Derrida a Semprun.
Paradossalmente, la sua formazione di intellettuale e donna libera si può far risalire alla figura della nonna: una donna semplice e non istruita che nel tempo trascorso insieme a lei in cucina le ha narrato le storie della sua vita passata. In particolare però, la nonna ha tenuto viva in lei la lingua vernacolare, di uso quotidiano: l'arabo parlato. Pur trattandosi di una lingua parlata da gente che non sa scrivere, essa, contrariamente a ciò che pensano molti studiosi, diventa il veicolo di una riflessione che parte dalla conoscenza diretta degli esseri umani e della loro psicologia, imparata direttamente dalle relazioni sociali.
La madre di Hélé Béji era un'insegnante di francese in una scuola per piccoli arabi ed è in quella scuola che la scrittrice ha imparato il francese. È stata la lingua che le ha permesso di accedere al mondo dell'arte e dei grandi pensatori. Da un lato c'è dunque la lingua della società, della famiglia e della cultura d'origine; dall'altro c'è la lingua della scuola, dell'apprendimento, della disciplina e della filosofia. Esse sono per Hélé Béji come due vasi comunicanti poiché la lingua dell'istruzione le ha permesso di comprendere che esisteva una lingua rurale, che è diventata per lei la voce dell'antropologia, dell'etnologia e soprattutto di una parte fondamentale di se stessa.
La cultura presenta un doppio registro: quello del mondo sensibile, della vita quotidiana e quello dell'intelligenza. Hélé Béji ha fatto notare come nella civiltà francese si sia attualmente verificata una rottura tra l'élite e il popolo: nessuno scrittore sembra più farsi carico, oggigiorno, di quella lingua popolare e sensibile. Per questo si è interrotto il dialogo culturale che ha portato alla grave crisi che minaccia la Francia e in generale l'Europa intera.
Hélé Béji ha sottolineato come oggigiorno si parli continuamente di comunicazione, la quale però non si interessa della comprensione, a ciò che è intelligibile ma soltanto alla volontà di prevalere sull'altro. La scrittrice ha fondato il "Collège international de Tunisi" per ripristinare uno spazio di libera conversazione, dove parlare insieme per cercare la verità: come ricorda Marc Fumaroli nel suo saggio "Trois institutions littéraires", la conversazione è una delle istituzioni letterarie più importanti che hanno contraddistinto la Francia.
Nel suo romanzo "L'œil du jour" (1985), Hélé Béji tratta della funzione del linguaggio letterario che è in grado di collegare il passato al presente. Le epoche devono parlarsi, il ruolo della scrittura è quello di reintegrare il passato e renderlo vivo. E' necessario restituire la tradizione come parte del pensiero moderno. Ciò che Béji rimprovera alla società moderna è la perdita progressiva delle relazioni umane, della capacità di farsi carico degli altri. Ciò di cui abbiamo davvero bisogno oggi è, infatti, la reciprocità.
In conclusione, la scrittirice è stata la protagonista di un incontro vivo, che ha permesso al pubblico di entrare in dialogo con un’esperienza: quella di una grande donna che continua ad avere il coraggio per dare voce agli intellettuali in un periodo difficile.