di Gianni Sibilla
«Il mio lavoro è fare da filtro agli artisti, decidere quali cose portare alla loro attenzione per farle approvare, e quali risolvere da solo, per fare in modo che tutto attorno ai R.E.M. funzioni. Preparare contratti che siano funzionali, sia che l’artista diventi famoso a livello mondiale, sia che l’artista rimanga di nicchia, come eravamo ad inizio carriera».
Bertis Downs insegna Diritto dello Spettacolo all’Università di Athens, Georgia. E in quella piccola città universitaria oltre 30 anni fa ha iniziato a far parte della storia una delle più grandi rock band, i R.E.M.: ha iniziato come amico che dava consigli, è diventato il loro legale, poi il loro manager.
Di passaggio a Milano assieme a Michael Stipe e Mike Mills (l'intervista su YouTube) per presentare la ristampa per i 25 anni di Automatic for the people, Downs è intervenuto a lezione master in Comunicazione musicale - dove avevo avuto l’occasione di portarlo già 16 anni fa, alla prima edizione del corso.
Il manager ha spiegato alla classe come si lavora con gli artisti, e come funziona il suo ruolo, visto che la band si è sciolta sei anni fa: non incide più nuova musica, non fa più concerti, ma lavora sul catalogo e sulla “Legacy” del marchio, con operazioni sul catalogo.
«La band ha sempre fatto quello che ha voluto, a modo proprio. Abbiamo avuto successo nel ’91, al settimo disco con Losing my religion: una canzone particolare, basata su un giro di mandolino. I nostri discografici spingevano per un altro brano più adatto alle radio - quello era il loro lavoro, far suonare le canzoni. Io invece devo cercare di far sì che gli artisti siano a loro agio con le cose che escono, oltre che essere sicuro che funzionino. E mediare anche tra i membri del gruppo, quando ci sono idee diverse su come gestire le operazioni. Abbiamo sempre alcune regole semplici: parlare, discutere di persona. Ognuno nel gruppo ha diritto di veto: ma nessuno l’ha mai usato, perché discutere funziona. Io facilito, suggerisco, ma l’ultima parola spetta agli artisti: è la loro band, la loro musica, non la mia».
Downs racconta che il gruppo ha scelto di sciogliersi nel 2011, dopo averci pensato per due anni: «Sono ancora amici, si vedono ogni volta in cui uno passa nella città in cui vive l’altro. Ma erano arrivati ad un punto in cui non si divertivano più come una volta, e non avevano voglia di continuare a rimanere nel ciclo industriale della musica in cui scrivi canzoni, le pubblichi, parli con i media, vai in tour, e poi ricominci».
Un ciclo che la band ha rispettato poco, in passato: all’apice del successo, nel ’91-’92, decisero di non portare in tour né Out of time (il disco di Losing my religion), né il successivo Automatic for the people, limitandosi a qualche ospitata sui media. «Non fu una decisione semplice da spiegare ai discografici, ma la band era reduce da un tour mondiale molto impegnativo, e preferì concentrarsi sulla registrazione».
Ora Downs supervisiona la gestione del catalogo: «Cerchiamo di pubblicare ristampe che valgano la pena e che rispettino quello che i R.E.M. sono sempre stati. Non troppe pubblicazioni, perché non vogliamo saturare il mercato, né troppo poche, perché vogliamo tenere viva la memoria. Negli anni ’90, abbiamo acquisito la proprietà delle registrazioni, i cosiddetti master: fu un’idea che mi venne vedendo come Springsteen gestiva le proprie attività. Se va bene per lui, va bene per noi, mi dissi. Ora siamo in completo controllo del nostro catalogo».
Un ultimo consiglio agli studenti: «Lavorate per rendervi indispensabili: è importante per qualsiasi lavoro facciate, non solo nel music business». Di sicuro, per la storia dei R.E.M. Bertis Downs lo è stato e lo sarà ancora.