Un evento storico per il dialogo tra Occidente e Cina. Per la prima volta due vescovi cattolici cinesi hanno preso parte, con il Segretario di Stato Vaticano, cardinal Pietro Parolin, a un’iniziativa pubblica dopo l’Accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi, firmato a Pechino il 22 settembre 2018. L’accordo, ha detto il cardinal Parolin, «guarda in primo luogo alla vita della Comunità cattolica in quel grande Paese e, di riflesso, incoraggia la Cina a un dialogo sempre più aperto e collaborativo in favore della pace come destino comune della famiglia umana».
Al convegno internazionale dal titolo 1919-2019. Speranze di pace tra Oriente e Occidente, promosso in occasione dei dieci anni dalla fondazione dell’Istituto Confucio, con il cardinal Parolin erano presenti i due vescovi cattolici cinesi monsignor Li Shan (primo da sinistra nella foto), vescovo di Pechino, e monsignor Huang Bingzhang (secondo da sinistra nella foto), vescovo di Shantou, oltre a illustri studiosi, come Andrea Riccardi, Adriano Roccucci, Morris Rossabi, Guido Samarani, Liu Guopeng, Agostino Giovagnoli.
«Abbiamo fatto nostra con entusiasmo la sfida di superare l’estraneità culturale con il mondo cinese che oggi è sempre più vicino e che tuttavia rischia di rimanere al fondo lontano se non promuoviamo la conoscenza, l’incontro e il dialogo», ha detto il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli, dando il via ai lavori del convegno internazionale.
«Con Papa Francesco siamo giunti agli ultimi passi – per ora – del lungo cammino iniziato da Benedetto XV nel 1919», ha detto il cardinal Parolin nel corso del suo intervento dedicato al tema: L’impegno della Chiesa Cattolica per l’unità della famiglia umana da Benedetto XV a Papa Francesco.
Un’attenta analisi di come i papi successivi alla Grande Guerra si siano rapportati al mondo extra-italiano, extra-europeo e anche extra-cattolico. Cominciando proprio dalle parole di cento anni fa di Benedetto XV, che per primo si fece portavoce di un approccio al contesto globale, anticipando anche molti degli uomini di potere di quegli anni, troppo ciecamente concentrati sul solo Vecchio Continente. Stessa presa di coscienza di Pio XI, che chiarì esplicitamente quanto nel mondo la Chiesa non puntava assolutamente a uniformare l’umanità, quanto a valorizzare le singole specificità delle diverse realtà. Un ininterrotto filo rosso che ha collegato la Santa Sede a ogni angolo del mondo di anno in anno, nel tentativo di tenere il passo di una realtà che è mutata dal micro-cosmo di un’Europa guerrafondaia al mondo contemporaneo iper-globalizzato. Processo che ha avuto una decisa accelerazione con Giovanni Paolo II e che con l’elezione del primo Papa extra-europeo dopo oltre 1.200 anni - Francesco - ha esplicitato la propria direzione di marcia. «Francesco costituisce l’espressione evidente della profonda trasformazione della Chiesa cattolica, il cui baricentro si è progressivamente proiettato dall’Europa verso un orizzonte mondiale» ha aggiunto il segretario di Stato Vaticano.
Pertanto, ha concluso il cardinal Parolin, «la sempre più feconda integrazione dei Cattolici cinesi nella Chiesa universale e il cammino di riconciliazione tra fratelli avviato negli ultimi anni costituiscono certamente una novità di portata storica, di cui nel tempo beneficeranno in molti, non solo in Cina. Infatti, l’auspicio del Santo Padre Francesco e dell’intera Chiesa cattolica è che tutto ciò possa contribuire, con l’aiuto di Dio, all’edificazione di un mondo più giusto e fraterno, ove l’armonia tra i popoli e le nazioni possa davvero contribuire alla causa della pace e all’unità della famiglia umana».
Secondo il vescovo di Pechino monsignor Li Shan, «negli ultimi 60 anni, sotto la guida e gli sforzi congiunti dei fratelli più anziani nella fede, illuminata e guidata dallo Spirito Santo, la Chiesa cattolica cinese ha eletto 203 vescovi. I vescovi hanno sempre custodito il tesoro della fede, fedeli alla Chiesa “una, santa, cattolica e apostolica”, hanno lavorato tanto e testimoniato la fede, contribuendo in modo cruciale alla missione pastorale e di evangelizzazione della Chiesa cinese».
Per questo, ha continuato il vescovo di Pechino, «siamo felici che molti problemi, creati soprattutto dalla difficile situazione internazionale del tempo e non da divergenze religiose, siano oggi risolti: il 22 settembre 2018, grazie ai grandi sforzi di dialogo delle due parti, la Cina e la Santa Sede hanno firmato un accordo provvisorio sulle nomine episcopali, che porta la totalità dei vescovi cinesi nella comunione con il Papa e con la Chiesa universale. Questo è stato il desiderio di molti papi ed è anche il nostro desiderio. Attraverso il dialogo è stato costruito un ponte di pace che ha abbattuto un muro durato quasi settanta anni».
Un legame che passa anche attraverso la riscoperta della Via Della Seta come ha detto il direttore del Centro di Ricerca “World History” Agostino Giovagnoli. Uno snodo commerciale che fino al quindicesimo secolo ha favorito i contatti tra culture diversissime nonostante i confini e le enormi divergenze politiche e che oggi è in procinto di essere ripercorso grazie ai nuovi accordi commerciali tra Cina e Occidente e grazie alla fine dell’isolamento di Pechino dal resto del mondo. Se il Novecento viene da molti chiamato il Secolo Americano, per alcuni studiosi gli anni Duemila diventano sempre più il Secolo Asiatico, con la Belt and Road initiative a impersonare una moderna via della seta: una serie di infrastrutture che punta a migliorare esponenzialmente i collegamenti tra l’Estremo Oriente, l’Europa e l’Africa, con tutte le implicazioni socioculturali che coinvolgono i Paesi “toccati” da questo ambizioso progetto.