Un nuovo metodo per calcolare l’impatto della microfinanza sui sistemi sociali e per permettere una valutazione più attenta del ruolo del microcredito a confronto con altre politiche di welfare: è stato questo l’oggetto del seminario tenutosi lo scorso 28 novembre all’Università Cattolica a Piacenza.
Un’occasione per presentare i primi risultati di tre anni di ricerca sviluppata da CeSPEM centro di ricerca dell’Università Cattolica di Piacenza guidato dal prof. Timpano insieme a Università di Parma e Microfinanza, per conto della Banca Europea degli Investimenti e del Fondo Europeo degli Investimenti, nell’ambito del progetto Memi Measuring Microfinance Impact in the EU.
“Una valutazione corretta dell’impatto di queste azioni non può essere sintetizzata dagli indicatori tradizionali della finanza di impresa (il ritorno dell’investimento), ma deve essere estesa agli impatti sociali, derivanti spesso da effetti di natura non strettamente monetaria” precisa il prof. Timpano. “Una delle conclusioni più interessanti della ricerca è quella di aver sviluppato una metodologia che permette di considerare gli impatti sull’occupazione, sulla qualità della vita e sulla diminuzione del rischio di esclusione sociale, nonché sull’aumento della probabilità di accesso al credito tradizionale.
L’Unione Europea sta investendo in modo crescente nel microcredito allo scopo di sostenere la creazione di imprese tra coloro che non hanno accesso ai circuiti del credito bancario classico. Per questo mette a disposizione strumenti finanziari come le garanzie o le risorse per l’attività di assistenza tecnica, che le imprese trattate necessitano per realizzare i loro piani di investimento.
“Le istituzioni di microfinanza finora analizzate presentano valori di Social ROI sempre maggiori di uno: per ogni euro investito sulle attività di microcredito si producono risultati per più di un euro, e in alcuni casi anche superiori a due. Questo significa che il valore del ritorno sociale è maggiore rispetto al valore dell’investimento occorso per ottenerlo“ a sottolinearlo è Riccardo Grazioli, ricercatore della facoltà di Economia e Giurisprudenza che ha curato lo studio, che prosegue “I risultati fanno emergere anche alcune differenze tra i diversi paesi. In Bosnia, per esempio, dove il settore della microfinanza è più maturo, le imprese finanziate attraverso il microcredito sono spesso imprese preesistenti, mentre in Italia o in Spagna (dove lo sviluppo del settore è più recente) si tratta prevalentemente di imprese di nuova costituzione. In Italia e in Spagna poi è rilevante la quota di finanziamenti concessa a immigrati”.
Dai dati della ricerca risulta inoltre chiara l’importanza di fornire un supporto ai clienti del microcredito, che per la loro particolare situazione di vulnerabilità economica e sociale necessitano di un accompagnamento nell’avvio e nello sviluppo delle loro attività d’impresa.
Nel pomeriggio la tavola rotonda ha visto la partecipazione di una serie di esperti provenienti da istituzioni di microfinanza, da fondazioni e da esperti del settore, che hanno messo in evidenza le implicazioni e gli impatti economici e sociali delle politiche di microcredito.