Gestire la produzione e la distribuzione di contenuti editoriali in partnership con brand di alto livello su scala globale. È il lavoro di Federica Ceretti, che, dopo la laurea in Economia all’Università Cattolica ed essere stata Account Manager del Media Arts Lab di Apple, è ora Global Digital Account Manager per Hearst Digital Media Global. Per intendersi, il gruppo editoriale di periodici come “Elle”, “Marie Claire”, “Harper’s Bazaar”, “Esquire”.
«Attualmente il mio incarico a Londra è di gestire tutta la produzione e distribuzione di contenuti editoriali in partnership con brand di alto livello su scala globale» racconta. «È un progetto molto complesso che comporta la gestione di molteplici player. L’Italia per Hearst gioca un ruolo importante. In particolare modo mi occupo di assistere il team internazionale con sede a Milano nel processo di educazione dei grandi brand italiani (soprattutto le case di moda) relativamente alle potenzialità che Hearst offre a livello di contenuti digitali nel mondo».
Qual è il grado di complessità di questo compito? «La sfida è pensare locale ma agire globale. Detto in una parola, ‘glocal’, termine che le grandi aziende multinazionali usano spesso. È importante riuscire a comunicare il messaggio dei brand nostri partner su tutti i nostri titoli e nei vari Paesi. Tutto ciò rispettando il tono di voce e le sfumature culturali del mercato, ma anche raggiungendo l’obiettivo previsto dall’investimento. Ho sempre lavorato su progetti globali e dopo anni su Apple per cui gestivo la strategia media sia offline che digitale, il mio cambiamento è stato coerente».
Dall’Università Cattolica di Milano a Londra. Un percorso lineare o conquistato a fatica? «Una via di mezzo direi. Andare all’estero spesso significa trovarsi fuori dalla propria comfort zone, quindi niente è completamente lineare. Ho avuto la fortuna, durante il triennio in Cattolica, di fare un’esperienza negli Stati Uniti con l’Università della North Carolina, tramite il programma Isep. Oltre a perfezionare l’inglese, quest’opportunità ha aperto le mie vedute e conoscenze sul fronte del marketing internazionale. Da lì la spinta ad approfondire i miei studi e le mie esperienze lavorative a Londra».
Avere uno sguardo internazionale sembra essere uno dei caratteri distintivi delle nuove professioni e ancor più nel settore dei contenuti e dell’intrattenimento, tra carta, digitale, moltiplicazione dei formati sempre più destinato a varcare i confini nazionali. Cosa consigliare a chi voglia operare nell’editoria? «Avere uno sguardo internazionale viene dall’esigenza di massimizzare i propri risultati. Nel campo del branded content tanti argomenti trattati o formati usati da un determinato Paese possono essere ripresi e riproposti a un pubblico di nazionalità diversa. Tutto sta nel conoscere le sfumature del proprio pubblico e riuscire a veicolare il messaggio ai propri lettori. La nostra fortuna è che nel mondo di oggi queste metriche sono altamente più accessibili grazie ai social e al digitale in generale. Per questo motivo, a mio avviso, dati e insight sono la base di questo settore per poter distribuire e vendere contenuti a livello internazionale con successo».