«L'archeologia si dedica alla ricerca dei fatti, non della verità. Perciò toglietevi dalla testa città abbandonate, viaggi esotici e scavi in giro per il mondo; noi non seguiamo mappe di tesori nascosti, e la "X" non indica mai il punto dove scavare!», spiegava il professor Indiana Jones ai suoi studenti prima dell’inizio di uno delle sue mirabolanti avventure. Aldilà delle avventure del film di Spielberg, chi si accinge a specializzarsi in archeologia e a intraprendere questo mestiere è consapevole che altrettanto avventuroso sarà il suo futuro nel mondo del lavoro.
Il Workshop sulle nuove prospettive professionali, primo di una serie, organizzato il 15 ottobre in cripta aula magna dalle Scuole di specializzazione dell’Università Cattolica in Beni Archeologi e Beni storico artistici nasce proprio dalla volontà di offrire agli studenti una consapevolezza quanto più ampia possibile su una realtà in costante evoluzione presentando alcune opportunità presenti nel variegato e complesso campo dei beni culturali. E suggerendo nuovi sbocchi professionali e occasioni di start up. Ospite d’eccezione dell’incontro il ministro per i Beni e le attività culturali Lorenzo Ornaghi, che ha condiviso le proprie riflessioni sui temi trattati nel workshop con particolare attenzione alle relazioni dei direttori delle due Scuole, Marco Sannazaro e Marco Rossi.
Il professor Sannazaro, direttore della Scuola di specializzazione in Beni archeologi, ha fornito alla platea alcuni dati sul tipo di occupazione ricoperta dagli specializzati in archeologia, da cui è evidente come la percentuale di occupazione sia più alta nel settore privato a fronte di un sempre più scarso contributo degli enti pubblici: secondo l’Associazione Nazionale Archeologi solo il 6% è infatti dipendente statale. Certo, le innovazioni tecnologiche ampliano gli orizzonti lavorativi rivoluzionando i modi di diffusione di cultura nel nostro paese e aprendo nuove modalità di interazione con enti territoriali. «Un'indagine seria in questa direzione potrebbe suggerire sbocchi concreti agli studenti - ha dichiarato Sannazaro - e svelare nicchie occupazionali in cui giovani dotati possono trovare spazio». La serie di incontri nasce quindi proprio per agevolare le sinergie tra chi lavora in questi campi e indirizzare la didattica nei corsi anche ai nuovi tipi di occupazione, collaborando con i privati e sostenendo la creatività dei giovani specializzati.
Marco Rossi, direttore della scuola di specializzazione in beni storico-artistici, ha messo in evidenza la necessità di un nuovo scatto creativo del settore e l’esigenza di distinguere tra tutela e valorizzazione, mettendo in guardia la platea da chi pensa che il fine ultimo dei beni culturali sia quello di creare risorse: «Chi ha l'idea geniale trova spazio - ha affermato -. Negli ultimi anni in ambito economico e politico è cresciuta la consapevolezza dell'importanza della cura dei beni culturali, ma l'investimento dello Stato è diminuito con un preoccupante contrasto tra i due concetti di tutela e valorizzazione. Bisogna smontare i miti economistici o giornalistici per cui attraverso operazioni a breve termine si possono creare risorse. Noi cerchiamo di formare studenti che abbiano una specializzazione spendibile nelle sovraintendenze nonostante la scarsità di concorsi, ma non vogliamo venir meno alla sfida dell'oggi, non vogliamo negare le contraddizioni esistenti e non possiamo dimenticare la drastica riduzione delle ore di scuola dell'arte e la diffusa opinione che con la cultura non si mangia». Una frase spesso riportata dai media e a cui il professor Rossi risponde dalla cattedra: «L'università può formare le persone a più alti livelli e valorizzare nuove proposte che emergono lanciando gli studenti nel mondo del lavoro attraverso degli stage dal carattere dinamico. È una sfida importante nonostante una certa miopia politica, un’approssimazione degli appalti in cui si conteggiano solo servizi e non risorse umane e molti si improvvisano esperti in beni culturali togliendo possibilità di lavoro ai professionisti. Temo che questo avverrà nel prossimo Expo, ma non vogliamo essere pessimisti».
Alle riflessioni dei due direttori ha risposto il ministro Ornaghi: «Siamo in un periodo di crisi per cui il deficit di ricchezza e sostegno alla cultura sembra essere inevitabile. Sono utili le indagini di occupazione ma va sottolineata l’impropria contraddizione tra tutela e valorizzazione. C'è poi un moltiplicarsi degli spazi connessi ai beni culturali: forse “nicchie occupazionali”, forse molteplicità di forme occupazionali. Un'indagine seria in questo senso potrà servire a rendere più consapevoli gli studenti. È vero però che siamo in penuria di risorse. Il ministero che presiedo è stato colpito più di altri e non è possibile pensare a un incremento di risorse; il vero tema allora è il buon uso che se ne può fare. Dobbiamo lavorare nella direzione della collaborazione tra pubblico-statale e privato-sociale. Se si guarda ai beni culturali non come realtà a sé ma come una forma di welfare sempre meno si potrà contare sulle risorse dello Stato, per questo, come in altri Paesi, deve essere auspicata una sempre maggiore sinergia tra privati, associazioni e istituzioni».
Tra gli esempi occupazionali mostrati al workshop spiccano quelli offerti da Roberto Cassanelli e da Giulia Valcamonica, nell’ambito delle nuove prospettive nel campo dell'editoria d'arte: «La competenza storico artistica può uscire dagli ambiti istituzionali con un po' di creatività e lo sviluppo di competenza tecniche più variegate. In una casa editrice bisogna offrirsi per la cosa giusta, il che può andare anche puntare alla tecnica e a un lavoro molto pratico, come quello della ricerca iconografica e della selezione del colore, conessi poi al diritto di riproduzione delle opere».
Neri Mannelli, della casa d’aste Pandolfini, ha poi raccontato la propria esperienza di lavoro, che lo porta a essere non solo archeologo ma anche grafico e controllore grazie ai rapporti con la sovrintendenza e con il nucleo tutela dei carabinieri, visto anche il mercato d’arte sommerso presente in Italia con cifre da capogiro. Sono quindi vari oggi gli sbocchi lavorativi offerti ai futuri archeologi, come ha concluso il ministro Ornaghi: «Coltivando entusiasmo e passione e acquisendo la competenza necessaria, con l’attenzione dovuta a un allargamento dell'internazionalità, poco considerata rispetto all'intrinsecità di questo mestiere, c'è una ragionata speranza che quell'adeguato lavoro da raggiungere sarà possibile per i futuri specializzandi».