Prassi subdola, invisibile, giacché destinata a vivere nell’ombra, ma idonea a minare fin dalle fondamenta la struttura democratica di un Paese, la corruzione è stata oggetto di un importante convegno promosso dal Centro studi “Federico Stella” sulla giustizia penale e la politica criminale (Csgp) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il 2 dicembre scorso alcuni fra i massimi studiosi del tema si sono trovati per fare il punto su un fenomeno sempre più dilagante, in relazione al quale la società civile e le istituzioni rischiano troppo spesso di dimostrare un atteggiamento di rassegnata inerzia.
Gabrio Forti, preside della facoltà di Giurisprudenza e direttore del Csgp, ha introdotto il convegno ricordando l’attenzione dedicata al tema da Federico Stella, maestro di molte generazioni di studenti della Cattolica, che si dedicò all’analisi del problema della corruzione negli anni di tangentopoli, giungendo a elaborare una proposta di riforma della disciplina codicicstica per molti versi ancora attuale. Il professor Forti ha poi evidenziato la centralità politico-criminale della corruzione, sottolineando l’attitudine di tale reato a ledere, per così dire, “in silenzio” una pluralità di interessi giuridici specifici – e di rilievo primario − che si sommano alla compromissione del buon andamento e dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione. La natura proteiforme della corruzione è stata messa in luce anche da Marta Bertolino, docente di Diritto penale all’Università Cattolica, che ha ricordato l’insegnamento di Paul Ricoeur sui molteplici rischi connessi al fenomeno corruttivo. L’attitudine plurioffensiva della corruzione è stata ulteriormente ripresa da Alberto Vannucci, ricercatore di Scienza politica all’Università di Pisa, che ha ricordato il pensiero di Norberto Bobbio su quel “potere invisibile” – a cui si può ricondurre la corruzione delle classi dirigenti − che può porre a repentaglio la struttura democratica di un Paese. Alberto Vannucci ha poi esposto i dati sull’estensione della corruzione in Italia, giunta nel 2010 ai massimi livelli dagli ultimi dieci anni. I rischi che ciò comporta sul sistema dei mercati finanziari sono stati illustrati da Marco Arnone, direttore del Cemafir, nel corso dell’esposizione di un recente studio sugli impatti economici della corruzione e sugli strumenti di contrasto: è così emersa l’importanza decisiva di una maggior regolamentazione del sistema finanziario.
Si sono quindi analizzate le misure anticorruzione adottate a livello internazionale: le relazioni di Lorenzo Salazar, direttore del primo dipartimento del Ministero della Giustizia, e di Nicoletta Parisi, docente di Diritto internazionale nell’Università di Catania, hanno ripercorso l’evoluzione della normativa europea e internazionale di riferimento, così ponendo in luce la maggiore qualità via via raggiunta a livello legislativo, cui, però, non ha fatto seguito un adeguato sistema di monitoraggio del rispetto del diritto internazionale da parte degli Stati. Quanto alla conformità dell’Italia agli standard internazionali, si è evidenziata l’imminente scadenza del prossimo 31 gennaio entro cui il Governo italiano dovrà dare seguito alle richieste del Groupe d' etats contre la corruption. Si è poi affrontato il tema della repressione della corruzione internazionale, alla luce della recente giurisprudenza italiana. Francesco Centonze, dcoente di Diritto penale nell’Università del Salento, ha esposto le principali criticità della normativa italiana, su cui è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, con sentenze caratterizzate da un approccio interpretativo a tratti eccessivamente creativo. Analoghi profili problematici sono stati posti in luce da Angelo Giarda, docente di Procedura penale all’Università Cattolica, in ordine alle esigenze di un intervento legislativo che chiarisca metodi di coordinamento e confini dell’intervento punitivo dei singoli Stati nella repressione di condotte transnazionali.
Nel pomeriggio si è analizzata la disciplina codicistica italiana di contrasto alla corruzione, evidenziandone alcuni nodi interpretativi tuttora da sciogliere, a ormai vent’anni dalla riforma del “microsistema delle corruzioni”. Grazia Mannozzi, docente di Diritto penale all’Università dell’Insubria, ha così richiamato l’attenzione sui temi della criminalizzazione della corruzione privata, delle perduranti incertezze sui confini fra corruzione e concussione, nonché sul problema della corruzione per prestazioni continue e indefinite, ove non è possibile individuare un singolo atto oggetto di mercimonio. Tale ultimo profilo è stato ripreso nella vibrante relazione di Piercamillo Davigo, consigliere presso la Suprema Corte di Cassazione, che ha sottolineato ulteriori profili problematici, come, ad esempio, il tema della corruzione per il compimento di un atto discrezionale da parte del Pubblico Ufficiale.
La tenuta della normativa sulla corruzione è stata successivamente saggiata con specifico riferimento alla fattispecie di corruzione in atti giudiziari: la relazione di Francesco D’Alessandro, docente di Diritto penale commerciale all’Università Cattolica, ha diffusamente analizzato la disciplina dell’art. 319 ter c.p., così come interpretata – talvolta in maniera estensiva − dalla più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione. Si è dunque lasciata la parola a Alfredo Robledo, Procuratore della Repubblica aggiunto presso il Tribunale di Milano, e a Mariolina Panasiti, magistrato presso la Corte d’Appello di Milano, per una panoramica sulle tecniche investigative utilizzate per l’individuazione di episodi corruttivi e sui relativi problemi di accertamento giudiziale dei reati di corruzione.
Mario Romano, doente di Diritto penale all’Università Cattolica, che aveva già esposto i tratti salienti della relazione fatta pervenire da Paola Severino, dcente di Diritto penale nell’Università Luiss di Roma, impossibilitata a partecipare al convegno, ha chiuso i lavori con una riflessione complessiva sulla qualità della normativa di contrasto alla corruzione. Il professor Romano, dall’alto di un magistero pluridecennale sul tema, racchiuso in numerose pubblicazioni imprescindibili per gli studiosi della materia, ha delineato un quadro non certo positivo della disciplina attuale, così evidenziando come si avverta la necessità di un ulteriore intervento legislativo di riforma. Durante il vivace dibattito conclusivo, fra gli altri, ha preso la parola il Procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati, per un lucido intervento su alcune delle problematiche emerse nel corso della giornata ed un invito, rivolto al mondo degli studiosi, a continuare a confrontarsi con tematiche di tale interesse e importanza.