«Tra i più illustri maestri del nostro Ateneo, nobile esempio di persona e di ineguagliabile conoscitore e interprete del pensiero antico». Con queste parole il rettore Franco Anelli ha ricordato nel giorno della morte il filosofo Giovanni Reale, professore dell’Università Cattolica dal 1972 fino al 2002, anno in cui concluse il suo insegnamento nell’ateneo di largo Gemelli.
Nato a Candia Lomellina nel 1931, il filosofo si è formato e laureato nel nostro ateneo alla scuola di monsignor Francesco Olgiati e in seguito è stato a lungo ordinario di Storia della Filosofia Antica fondando il Centro di ricerche di Metafisica.
Studioso affermato in campo internazionale, Giovanni Reale è stato autore di una monumentale storia della filosofia greca e romana, sulla quale si sono formati numerosi studiosi e studenti, e di innumerevoli contributi e saggi scientifici, su Platone, Aristotele, Seneca, Plotino e Agostino, molti dei quali destinati alla circolazione internazionale, attraverso la traduzione in ben 13 lingue straniere. Ha diretto importanti collane scientifiche ed edizioni di testi in lingua originale. Lascia così una ricca messe di studi, che ne testimonia il valore e l’impegno di studioso e di maestro.
In particolare, afferma il preside della facoltà di Lettere e filosofia dell’ateneo Angelo Bianchi, «è stato cultore e interprete del pensiero di Platone, sul quale è tornato più volte nel corso della sua lunga e feconda attività di ricerca, e dell’eredità platonica nel pensiero occidentale, nella quale riconosceva alcuni tratti fondamentali della nostra civiltà. La facoltà e l’Università Cattolica non mancheranno di ricordare già nei prossimi mesi la figura e l’opera del professor Giovanni Reale».
Uno dei suoi principali allievi, il professor Roberto Radice, lo ricorda con queste parole in un articolo pubblicato oggi sul quotidiano “Avvenire”: «Bisogna presentare la figura di Giovanni Reale dal fondo, come se tutto il lavoro che ha fatto, grande come studioso, gigantesco come editore e diffusore della filosofia, avesse un frutto - scrive Radice - . Parliamo appunto del frutto. Si chiama saggezza e per lui è “Saggezza antica” (ed. Cortina, Milano 1995) che viene direttamente dalle origini della filosofia greca e in particolare da Platone. Si tratta della ricerca di una speciale forma di bellezza che non si può possedere, ma solo assimilare, perché in gran parte è una specie di equilibrio interiore, si direbbe una “temperanza”, senza eccessi, che però non si isola dal mondo esterno, ma sempre lo domina. Lo governa nella certezza che tutto quanto il sapiente fa non è per oggi, ma per sempre: “tale è proprio la caratteristica di fondo della saggezza dei Greci: mentre l’uomo di oggi pensa e lavora per il qui e per l’ora, l’uomo antico cercava di lavorare per il sempre” (da Saggezza antica, p. 247)».
«Per Reale - prosegue il professor Radice su “Avvenire” - il mondo delle Idee arricchisce e spiega la realtà materiale, e unifica in una sola prospettiva gli ideali, gli spiriti, gli enti di ragione e anche tutto quanto si coglie con i sensi. Se si rompesse questa armonia avremmo un mondo squilibrato, destinato alla precarietà, e pure nichilistico, cioè votato al nulla. Ecco perché l’attenzione e l’impegno di Reale sono stati così a lungo assorbiti da Platone, perché qui trovava l’inizio della riscossa, e quella traccia di eternità (“il per sempre” di cui dicevamo) che avrebbe impedito all’uomo di finire nel nulla».
«Questa tesi si esprime in Platone - conclude l’allievo - , ma Reale la persegue in tutto il pensiero antico e – con l’aiuto di Dario Antiseri – anche nel moderno e nel contemporaneo (in Il pensiero occidentale, La Scuola, Brescia 1983). Insomma, lo insegue in tutto il corso della filosofia, come suo riferimento costante, che vale quando c’è e vale anche quando è negato, perché dà senso a tutto».