Il Consiglio di amministrazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, riunitosi giovedì 24 giugno 2010 nella sede di Milano, ha confermato all’unanimità alla guida dell’Ateneo, per il quadriennio 2010-2014, il professor Lorenzo Ornaghi, ordinario di Scienza politica.
Segue la prima intervista rilasciata dal professor Lorenzo Ornaghi dopo la rielezione:
dal quotidiano Avvenire di domenica 27 giugno a firma di Enrico Lenzi.
Maggior sforzo educativo, più coerenza nell’attività internazionale e impegno scientifico e culturale. Il tutto senza dimenticare il fronte legislativo, ancora in attesa di «una riforma che ponga fine allo stillicidio di micro interventi burocratici degli ultimi dieci anni». Sono le sfide che Lorenzo Ornaghi, all’indomani della riconferma alla guida dell’Università Cattolica, delinea per il suo terzo mandato rettorale.
Professor Ornaghi, la sua conferma a Magnifico Rettore è un’occasione per guardare al futuro. Può illustrarci quale programma intende svolgere nei prossimi quattro anni? Un programma che intende concentrarsi particolarmente su tre impegni. Il primo è un sempre più efficace sforzo educativo, al cui interno va articolata e potenziata la preparazione professionale: la 'sfida educativa' ha bisogno di risposte convincenti perché concrete, di orizzonti a cui orientarsi perché belli e desiderabili, di esempi da seguire perché proposti da maestri autentici. Il secondo impegno è quello di rendere coerente e unitario il nostro già ricco sistema di attività internazionali – dagli scambi di studenti e docenti, al sostegno ad alcune Università Cattoliche che stanno nascendo nei Paesi in via di sviluppo, fino alla telemedicina in Africa – così che la dimensione internazionale diventi realmente costitutiva della formazione degli studenti e della ricerca. Il terzo è l’impegno scientifico e culturale, dal cui esito dipende una presenza cattolica che abbia, in Italia e in Europa, una sua fisionomia inconfondibile e una sua aumentata capacità non soltanto di testimonianza di una 'minoranza', ma soprattutto di orientamento culturale e influenza sociale.
È un programma che si collega a quello «slancio creativo», da lei richiamato più volte nei suoi più recenti discorsi... Più volte mi sono trovato a indicare la necessità che si dia vita a un rinnovato slancio creativo. Ce lo chiede la straordinaria e ormai lunga storia dell’Università fondata da padre Agostino Gemelli. E lo richiedono non solo i cambiamenti in atto nel sistema universitario nazionale, ma anche i decenni che attendono il nostro Paese. Tocca in modo del tutto speciale i cattolici la responsabilità di preparare le risposte migliori e più durature per il nuovo che avanza.
Sono obiettivi che richiedono determinazione e condivisione. Non è preoccupato? Insieme con gli impegni faticosi, la Provvidenza manda di solito anche tutto quello che è necessario per sostenerli. So anche di poter contare su un ampio, convinto consenso dei docenti e sul sostegno di coloro che – dal portiere, all’impiegato e al dirigente, dall’infermiere alla caposala – svolgono il loro lavoro quotidiano nella nostra Università e nel Policlinico 'A. Gemelli' di Roma. I quasi otto anni di rettorato che ho alle spalle mi hanno anche insegnato quanto siano determinanti e incoraggianti la leale condivisione degli obiettivi da parte del Senato accademico, la stretta collaborazione con l’Assistente ecclesiastico, l’azione lungimirante del Consiglio di amministrazione. Per aver guidato l’innovazione gestionale e amministrativa dell’Ateneo, debbo particolare gratitudine a quest’ultimo organo, in cui siedono esponenti di spicco delle realtà cattoliche, oltre al rappresentante della Santa Sede, monsignor Gianni Ambrosio, e della Conferenza episcopale italiana, monsignor Mariano Crociata. Nel superare le inevitabili difficoltà dei prossimi anni non sarò da solo.
Ha accennato ai cambiamenti in atto nel sistema universitario. Che osa pensa della riforma attualmente in discussione? Le Università italiane hanno bisogno di una riforma che ponga anche fine allo stillicidio di costose micro- riforme burocratiche dell’ultimo decennio. Il disegno in discussione ha almeno due aspetti positivi: la valutazione di ciò che ogni Ateneo effettivamente fa nel campo della formazione e in quello della ricerca, e la spinta a far sì che le Università usino il più intelligentemente possibile della loro autonomia. È però indispensabile che si arrivi a un definitivo ripudio di quella equivoca concezione per cui le Università non statali, considerate appartenenti al sistema nazionale per tutto l’insieme dei requisiti da osservare, sembrano ridiventare un corpo estraneo quando si tratta dei finanziamenti.
La stagione dei «tagli» per voi non è, purtroppo, una novità... Il «taglio tecnico lineare», imposto qualche Finanziaria fa, sta mettendo le Università non statali in una condizione quasi drammatica. L’Università Cattolica, di gran lunga maggiore delle altre per numero di studenti, paga ancora di più questa politica che rende sorprendentemente del tutto identici i governi di destra e quelli di sinistra. Nel 2009 ci sono stati erogati quasi dieci milioni di euro in meno rispetto all’anno precedente. Il prossimo anno verremo penalizzati di altri 11 milioni, e forse più. Le legittime richieste e le civili proteste sono rimaste senza risposta, quasi che la pigrizia delle abitudini politiche vinca sempre sulla coerenza ai programmi e sulla novità delle idee.
In questa situazione, quali sfide comporterà la riforma per l’Università Cattolica? Dovrà essere la migliore delle occasioni per riflettere sulle 'fonti' della nostra Università. Ciò significa riconoscersi appartenenti a una storia che è stata al tempo stesso di élite e di popolo, avvertire di esserne i testimoni e prosecutori, sentire sino in fondo la responsabilità di farla continuare. Sul nostro essere autenticamente l’Ateneo dei cattolici italiani dovremo interrogarci, senza retorica o infingimenti, ma con passione e senso della realtà. Il prossimo anno sarà il 90° dalla fondazione. E nel necessario riflettere sulle 'fonti', possiamo già contare sul pieno appoggio dell’Istituto Toniolo di Studi Superiori che, con la presidenza del cardinale Dionigi Tettamanzi, è sensibile e partecipe a tutto ciò di cui l’Università sente il bisogno.
Nel programma che intende perseguire nei prossimi quattro anni, c’è un punto a cui tiene in modo particolare? Ce ne sarebbero due, in realtà. Il primo riguarda la più adeguata preparazione e scelta di coloro che saranno i docenti dell’Università Cattolica dei prossimi anni. Questo tema, che comporta quelle regole e finalità di buona cooptazione da tempo inceppate o dimenticate nel nostro Paese, è strettamente legato all’altro dei due sogni possibili. Non si può infatti assistere inerti al rischio di progressivo sfinimento – poco importa se lentissimo o esposto a qualche brusca accelerazione – del nostro sistema politico-istituzionale. Se le leadership non si inventano, men che meno si possono improvvisare. Per la nostra Università, preparare le leadership di domani è ormai un’urgenza e non solo una necessità.
Quest’ultima è anche una preoccupazione su cui più volte è tornato il Papa, esortando a far nascere e crescere una nuova generazione di cattolici impegnati in politica, coerenti con la fede professata, dotati di rigore morale, capacità di giudizio culturale, competenza professionale e passione di servizio al bene comune. L’esortazione del Santo Padre – che il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, con sollecitudine pastorale, ha rilanciato nel contesto italiano – non può infatti restare sospesa nel vuoto, senza che l’Università Cattolica si impegni a corrispondervi. Dal testamento spirituale di padre Gemelli, l’Università è rimasta fedele in ogni occasione alla consegna che solo il Papa – «il prediletto del sacro Cuore di Gesù», come scriveva il nostro Fondatore – può disporre «dell’Università e del suo indirizzo». Nell’udienza che mi è stata concessa, il Santo Padre ha più volte chiesto dei nostri giovani, delle loro aspettative, dei loro desideri. E, come in precedenti circostanze, ha incoraggiato l’Università Cattolica a fare sempre di più e sempre meglio. Il compito che il Papa ci affida, se accresce la responsabilità di quanti sentono di appartenere alla grande famiglia dell’Università Cattolica, riempie anche di serenità. Proprio per la certezza che – così scriveva ancora padre Gemelli nel suo testamento – servendo il Papa «serviamo Gesù Cristo e lo facciamo regnare».