Francesca Duchini, docente di Storia delle dottrine economiche per lunghi anni in largo Gemelli, è scomparsa domenica 9 maggio all’ospedale di Circolo di Varese. Aveva compiuto pochi mesi fa 90 anni e per l’occasione allievi e colleghi avevano organizzato una grande festa in suo onore. “Presenza” nel numero appena pubblicato le aveva dedicato un’ampia intervista che riproponiamo per la triste occasione. I funerali della professoressa Duchini si svolgeranno l’11 maggio alle ore 15 nella chiesa parrocchiale di Solbiate Arno (Va).


Francesca Duchini, in occasione della festa per i 90 anni, con le figlie della professoressa Claudia Rotondi, di una delle quali è stata madrinadi Cesare Zanotto

«Ho vissuto male gli anni in cui ero una studentessa universitaria. Un giorno c’era lo sciopero dei treni, un giorno la paura del bombardamento, un giorno suonava l’allarme e tutti dovevamo correre a quel terribile seminterrato della Cattolica dove ci riparavamo in caso di eventuali bombe. Mi andavo a nascondere anch’io, anche se sono sempre stata convinta che la Cattolica, in caso di attacco, sarebbe crollata interamente». Francesca Duchini, una vita trascorsa in largo Gemelli, il 4 ottobre ha festeggiato i 90 anni nella sua casa di Solbiate Arno, in provincia di Varese, dove vive. La prima volta che mise piede in Cattolica era il 1940. Erano gli anni della Seconda guerra mondiale.

Che cosa studiava in Cattolica? Economia e Commercio, ma fu una scelta obbligata. Alle superiori mi diplomai in ragioneria. Allora, però, il diploma dell’istituto tecnico commerciale permetteva l’iscrizione esclusivamente alla facoltà di Economia e Commercio. Mi sarebbe piaciuto fare Lettere ma non potevo. Qualche anno dopo aprirono le iscrizioni a tutti, così ognuno poteva finalmente studiare ciò che preferiva.

A quel punto decise di cambiare facoltà? No. Ormai Economia e Commercio mi piaceva, e anche molto.

Qual è stata la sua tesi di laurea? Mi sono laureata nel 1945 con il professor Francesco Vito, rettore della Cattolica dal ’59 al ’65, con una tesi dal titolo La teoria del valore di Karl Marx e il suo influsso sugli economisti italiani. Per preparare la tesi impiegai molto più tempo del previsto perché era difficile trovare i libri di Marx.

Per quale motivo? La biblioteca della Cattolica era stata trasferita a Piacenza per paura dei bombardamenti. Vicino all’Università c’era infatti la caserma di Polizia e il rischio di attacchi era molto alto. In secondo luogo, i libri di Marx nelle altre biblioteche si trovavano in un reparto riservato e per accedervi ci voleva un permesso speciale. La stesura di una tesi non era una ragione valida.

Allora cosa fece? Per fortuna avevo un’amica che lavorava alla biblioteca di Gallarate: fu lei a darmi i libri di nascosto. Rivestivamo i testi di Marx con copertine di altri manuali, così non ci scoprivano.

Perché scelse di sviluppare la teoria di Karl Marx? Tutti cercavamo qualcosa di originale per non fare la solita tesi. Io volevo approfondire un autore classico e fu il professor Vito a consigliarmi il personaggio, affinché anche i cattolici non lo vedessero come nemico. Vedevo la filosofia di Marx come una normale evoluzione del pensiero di Adam Smith.

Una foto d'epoca della  professoressa Francesca DuchiniCome furono gli anni della guerra in Cattolica? La vita universitaria era strana, si può dire che “non c’era”. Avevo legato con due ragazze, eravamo sempre insieme. I ragazzi (quasi tutti) non venivano: alcuni erano a fare il militare e gli altri, quelli che si erano rifiutati o che erano scappati, erano in montagna a nascondersi, altrimenti li avrebbero arrestati.

In Università c’erano regole particolari che andavano rispettate? Noi ragazze, per “non dare scandalo”, dovevamo sempre indossare un grembiule nero. I ragazzi, invece, potevano entrare come volevano ma durante gli esami erano tenuti a indossare la camicia nera. In genere, però, quasi nessun professore pretendeva che gli studenti la indossassero.

Come passava le giornate? Io e le mie amiche riscrivevamo ogni giorno gli appunti delle lezioni, poi facevamo le fotocopie e le mandavamo, via posta, ai nostri compagni che non potevano essere presenti in Università. Ricordo che a Milano c’era un solo posto dove poter fare le fotocopie, vicino a Porta Venezia.

Cosa accadde dopo la Liberazione? La cosa più bella fu rivedere i miei compagni che durante la Guerra, per un motivo o per l’altro, non potevano venire in Cattolica./p>

Dopo la laurea cosa fece? Vinsi una borsa di studio all’Università di Basilea per il dottorato di ricerca. Così andai in Svizzera a fare l’assistente di un professore che insegnava Storia del pensiero economico. Successivamente tornai in Cattolica a fare l’assistente del professor Vito. In seguito divenni docente in Economia e Commercio e poi ordinario di Storia del pensiero economico.

Fino a quando ha insegnato in Università Cattolica? Fino al 1989, avevo 70 anni. Dai 70 ai 75 non facevo più lezione ma seguivo ancora le tesi.

Durante i suoi primi anni di insegnamento avrà certamente incontrato padre Agostino Gemelli. Che  persona era? Era un uomo rigido e molto sicuro della sua funzione di rettore. Viveva per l’Università e voleva conoscere personalmente tutti i docenti della Cattolica. Chiedeva a ciascun professore una dichiarazione scritta dal parroco di aderenza alla dottrina cattolica: voleva assicurarsi della loro ortodossia. A quei tempi faceva tutto il rettore mentre oggi il vertice accademico può contare sull’aiuto dei consigli di facoltà.

Che rapporto aveva con padre Gemelli? L’ho visto molte volte ma gli ho parlato solo in due occasioni. Ricordo particolarmente la prima volta: accadde quando feci domanda per diventare assistente del professor Vito. Fu un lungo colloquio dove, tra le altre cose, mi chiese se intendessi sposarmi. Io gli risposi: “Guardi, io non cerco un uomo e gli uomini non cercano me. In ogni caso non sarei ostile al matrimonio”. E infatti non mi sposai. In realtà credo che lui intendesse sapere se volessi diventare suora ma il Signore non mi ha dato quella vocazione. Furono anni difficili quelli del fascismo, che valsero a padre Gemelli anche delle accuse. Non era fascista. Lui voleva semplicemente salvare, proteggere e difendere la Cattolica: per questa ragione, per il bene dell’Università, non poteva scontrarsi con il regime.

Un altro periodo difficile fu il 1968. Che cosa successe all’Università Cattolica? Fu diverso l’atteggiamento che le varie facoltà ebbero nei confronti della protesta: la facoltà di Lettere, ad esempio, allontanava o comunque non permetteva di frequentare le lezioni agli studenti che pubblicamente appartenevano a questi gruppi. La facoltà di Economia e Commercio era meno rigida.

Cosa pensava di quelle proteste studentesche? Ero d’accordo sul fatto che fosse giunto il momento (per gli studenti) di partecipare ai consigli di facoltà dove si decidevano i programmi, gli orari. Argomenti che dunque riguardavano solo ed esclusivamente l’insegnamento: ne avevano diritto. Non ero d’accordo sul modo utilizzato per protestare e sul fatto che loro chiedessero di partecipare a tutti i consigli di facoltà. Pensavo si potesse discutere senza arrivare alle occupazioni.

Lei ha fatto anche politica. Che esperienza è stata? Non ho mai avuto la tessera di alcun partito, ma per anni ho fatto parte del Consiglio comunale del mio Paese, Solbiate Arno. Ero membro di una lista che faceva riferimento alla Democrazia Cristiana. Erano gli anni successivi alla Seconda guerra mondiale: alle elezioni presi addirittura un voto in più del candidato sindaco, ma rifiutai di fare il primo cittadino a causa del mio lavoro in Università. Così feci il vicesindaco e in seguito rimasi in politica, come assessore, per una decina d’anni.

Quali sono le principali differenze tra la politica di allora e quella di oggi? Noi facevamo politica per aiutare il più possibile la gente, per le persone. Adesso i politici sono più legati agli interessi del partito e agli interessi personali.

Dopo una vita passata all’Università Cattolica, qual è il ricordo che la emoziona di più? Non ho mai dimenticato l’amicizia e l’affiatamento che si erano creati tra quelle tre ragazze durante gli anni della Seconda guerra mondiale. Un piccolo grande gruppo che ogni giorno preparava gli appunti e li spediva ai compagni che non potevano venire a lezione. Per cause di forza maggiore.