Per l’Istat il lettore dell’ultimo romanzo di Gianrico Carofiglio, foss’anche l’unico libro che terminerà nel corso di quest’anno, appartiene di diritto alla categoria dei lettori e contribuirà a far alzare di un minimo la percentuale dell’Italia che legge. Chi ha letto almeno un libro nel corso dell’ultimo anno (poco più di 25 milioni di persone, pari al 45% circa) gode della qualifica di “lettore debole”, in cui entrano coloro che annualmente consumano da uno a tre libri. Va da sè, come avverte Giovanni Solimine nell’intrigante L’Italia che legge, che «leggere un libro all’anno basta forse per qualificarsi come lettore agli occhi dell’Istat, ma non ci sembra sufficiente per poter dire che una persona abbia un rapporto stabile e consolidato con il libro».
Sul versante opposto si assesta la minoranza dei “lettori forti”, che divorano almeno un libro al mese. Se in Italia basta leggere 12 libri all’anno per essere considerati dei lettori “robusti”, questa cifra sale parecchio al di là dei confini. In Francia bisogna arrivare ad almeno 20 per guadagnarsi questo titolo. Che l’Italia non sia affatto monolitica lo dimostra anche la lettura. Gli Italiani leggono in modo diverso a seconda delle aree geografiche. Le percentuali si fanno più basse scendendo lungo la Penisola. Se al Nord il dato medio dei lettori abituali sfiora il 52%, con punte del 60% nella provincia di Bolzano, nell’Italia centrale il 50% è mantenuto solo in Toscana, per scendere sotto la soglia del 40% al Sud, con vistosa eccezione della Sardegna.
Da tenere sott’occhio sono i lettori borderline, come li definisce Solimine, quelli cioè da 1-3 libri all’anno, che contribuiscono con i loro gusti a creare annualmente piccoli spostamenti di percentuale. Sono i lettori “intermittenti”, che possono persino decidere di anno in anno se leggere o no, attratti magari dal bestseller di turno, specie se reclamizzato da certi salotti televisivi: Che tempo che fa, per fare un esempio, pare orientare davvero all’acquisto in libreria nei giorni successivi. Chi ha divorato Il codice da Vinci, in teoria, potrebbe passare la mano e saltare un anno. Nel frattempo il suo posto potrebbe essere preso da chi ha scoperto Stieg Larsson. Poi ci sono i “non lettori”, cioè oltre 20 milioni di Italiani che non hanno alcun rapporto con i libri e poco più di 11 milioni che non praticano affatto la lettura, neppure un giornale o una rivista, neanche quella di gossip. Questi non lettori sono per lo più uomini, adulti e provengono, affidandoci ai dati, soprattutto dalle regioni meridionali, con punte allarmanti (ma fino a che punto veritiere?) in Sicilia, dove oltre la metà dei residenti dichiara di non aver letto nulla, né per motivi scolastici o professionali, né per diletto.
C’è quindi una terza categoria. Raggruppa circa 7 milioni di persone (10% degli Italiani) che l’Istat definisce con formula assai curiosa “lettori inconsapevoli” o “morbidi”. Chi rientra in questa classe francamente ambigua? Coloro che hanno di sé una percezione come non lettori, ma che poi si scoprono “utilizzatori di guide turistiche e di libri di cucina, bricolage e hobbistica” (quindi tutti i lettori degli ultimi bestsellers culinari di Benedetta Parodi ai primi posti nelle vendite) e ancora, qui introducendo una discriminante di qualità letteraria davvero ambigua e inaccettabile, i lettori di gialli, fantascienza o romanzi rosa. Impossibile sostenere che chi legge il giallo Mondadori supereconomico non sia un lettore e chi legge invece il giallo Sellerio sia un lettore, magari “forte”, stando ai ritmi di uscite della collana che raccoglie Camilleri e Carofiglio. In definitiva, nell’accezione più ampia del concetto di lettore, comprendente chi legge nel tempo libero, per motivi professionali o scolastici, i lettori incosapevoli, e persino i “lettori allargati”, coloro cioè che leggono almeno quotidiani e riviste, si arriva a circa l’80% degli Italiani. Che poi si legga Parodi, Littizzetto, Severgnini e il comico di Zelig di turno è un altro discorso. Libro non è certo sinonimo di letteratura.