La presentazione in Aula MagnaÈ stata una delle figure più carismatiche “dei due Millenni”. Ed è raccontata nel volume di Stanislaw Dziwisz, “Ho vissuto con un Santo. Conversazione con Gianfranco Svidercoschi” (Rizzoli). Il libro, scritto dall’arcivescovo polacco, storico segretario di Giovanni Paolo II, racconta la vita del Papa polacco, vista dagli occhi di chi lo conosceva da molto vicino. In una conversazione con il giornalista e vaticanista italiano, presente all'evento in Cattolica, la volontà di andare a fondo di questo pontefice che tra pochi giorni verrà proclamato santo. Alla presentazione, che si è svolta il 27 marzo nell’aula magna dell’Ateneo di largo Gemelli, hanno partecipato il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano e presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, il rettore della Cattolica Franco Anelli, il suo predecessore Lorenzo Ornaghi, e il giornalista di Avvenire Luigi Geninazzi.

Il rettore Franco Anelli, ha ricordato l’attenzione del Pontefice verso il nostro Ateneo: «Giovanni Paolo II ha sempre avuto uno sguardo benevolo e fraterno verso la nostra Università. Ci ha consegnato tutto: anche la sofferenza dei suoi ultimi anni. Si tratta di un privilegio concesso a tutti noi». Che non dobbiamo permetterci di perdere.

Il professor Lorenzo Ornaghi, presidente dell’Alta Scuola di Economia e relazioni internazionali (Aseri), ha ripercorso le linee storiche del pontificato di Karol Wojtyła. «La presentazione di questo libro è importante soprattutto per capire il valore della canonizzazione, in programma per il prossimo 27 aprile», sottolinea. E, riprendendo un’affermazione dello stesso Dziwisz, continua: «Si potrebbe dire che Giovanni Paolo II, facendoci fare esperienza di un Dio vicino, sia stato il Papa dell’Incarnazione». E ancora: «Nel suo magistero ha proclamato la centralità dell’uomo nel processo divino di salvezza». In poche parole, ci ha mostrato «il volto umano di Dio». Dimostrandolo a intere generazioni di giovani.

Luigi Geninazzi è stato l’inviato di Avvenire in Polonia negli anni Ottanta. «Non è facile parlare di lui perché è stato visto e raccontato migliaia di volte», afferma. «Ma oggi, nell’imminenza della sua canonizzazione, siamo chiamati a guardare a questa figura in maniera diversa», continua. C’è ancora qualcosa da dire su Giovanni Paolo II? A partire da questa domanda, «dobbiamo riflettere su cosa lo ha mosso a fare tutto quello che ha fatto». Karol Wojtyła era un mistico, «ma non si è chiuso in clausura a pregare: è stato “un contemplativo in azione”». Infatti «lui non ha abbattuto il regime comunista con un progetto eversivo, ma la sua forza era il Vangelo». E, questo, i suoi connazionali lo hanno capito molto bene. A partire dal 1979, quando «un uomo vestito di bianco disse, a Varsavia, che “l’esclusione di Cristo dalla storia dell'uomo è un atto contro l’uomo”». Dopo questa affermazione, quindici minuti di fila di applauso già preannunciavano quello che sarebbe accaduto da lì a poco.

Cover libro Ho vissuto con un santoIn aula magna è stato proposto un video che ripercorre la visita di Giovanni Paolo II in Cattolica, a Milano nel 1983. Centinaia di giovani accolgono con alcuni canti l'arrivo del Pontefice che, dopo averli salutati («Mi hanno lasciato parlare, ma non mi hanno accettato come studente», scherzava), farà un discorso in Aula Magna, proprio nella stessa aula che, poco più di trent'anni dopo, accoglierà la presentazione di questo libro. Nel video d'archivio, un discorso basato sul rapporto tra fede e ragione, che si conferma attuale anche ai giorni nostri.
 
Del rapporto tra l’Ateneo e il Pontefice ha poi parlato la professoressa Maria Bocci, direttrice dell’Archivio generale per la storia dell’Università Cattolica: «Per me è molto utile raccontare questo rapporto perché apre un varco sulla missione culturale dell'Università Cattolica», spiega. «Infatti, Giovanni Paolo II ha fatto dell'università uno dei principali ambiti di evangelizzazione del suo Pontificato». «È stata importante - da questo punto di vista - la sua visita alla facoltà di Medicina a Roma, dove Wojtyła ha sperimentato di persona come faccia la differenza per un malato essere curato non solo da un esperto ma anche da medici “animati da una visione cristiana dell’uomo”».

La conclusione dell’incontro è affidata all'arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, che ha arricchito la discussione con alcuni ricordi personali: «Lui mi ha voluto vescovo, prima a Grosseto, poi Patriarca di Venezia: mi ha dato tante occasioni di lavoro comune». Questa, per l'arcivescovo, non è la presentazione di un libro qualunque. «Mi è venuto spontaneo domandarmi cosa significhi nella Chiesa la parola “canonizzazione”», confessa. Cosa significa che si proclama un Santo? «Il Santo è il riconoscimento che Gesù Cristo in persona è stato all'opera lungo tutta la vita di colui che viene canonizzato, al punto che taluni aspetti della stessa gloria di Dio (in sé inafferrabili) si possano incontrare nello stile di vita di quell'uomo, diventando così un paradigma, un criterio di paragone per noi», ha spiegato. È la conferma che puoi essere «retto, sorretto e - se necessario -  corretto, nei passi del tuo cammino». «Giovanni Paolo II, infatti, parlava di Dio con lo stesso linguaggio dell'uomo di oggi», continua, «e nel medesimo istante si lasciava interrogare dall'uomo stesso e dai suoi problemi». Il Pontefice sviluppò un pensiero originale, «libero da tutti i pregiudizi intellettualistici del tempo», e dimostrò, quindi, che «la Chiesa non è fine a sé stessa, ma è per la missione».

Continuando il suo intervento, l’Arcivescovo di Milano ha poi provocato gli stessi studenti: «Ripercorrete la storia del Cattolicesimo dal Dopoguerra a oggi e cercate di imparare dagli elementi critici che abbiamo attraversato». E, concludendo: «Mi ricordo quando partecipavo a piccole commissioni che si facevano con lui, in privato. Ci invitava a pranzo ma, prima, si passava in cappella per dire l’Angelus. Lui, durante la preghiera, aveva in faccia solo Dio». Una semplicità straordinaria di fede, che tirava via l’eccesso di tutto quello che noi siamo abituati a vivere: «Per tirare via l'eccesso, bisogna avere chiara la forma. I Santi sono la forma nella nostra vita, e ci invitano a tirar via il superfluo per andare dritti al cuore». E perché la forma del nostro io possa emergere.