La formazione alla sicurezza nel lavoro della Cattolica ha trovato ascolto in Parlamento. Martedì 6 luglio, Luigi Pati, docente di pedagogia sociale, accompagnato da Paola Zini, ha presentato alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle “morti bianche” del Senato l’attività svolta in questi anni sul piano della ricerca e della formazione attuato sul territorio.
Che cosa hanno spiegato gli esperti di via Trieste ai membri della commissione? Hanno illustrato il contributo della riflessione pedagogica sulla formazione alla sicurezza nel lavoro. Secondo Pati finora la pedagogia non è stata particolarmente attenta al tema; nella realtà lavorativa è prevalsa l’informazione, è stato privilegiato l’apprendimento di conoscenze, cioè una formazione focalizzata più su aspetti nozionistici e tecnici piuttosto che l’apprendimento di capacità operative, di comportamenti e di attitudini. La formazione alla sicurezza non è da concepire come mera conoscenza di accorgimenti in virtù dei quali evitare il rischio e il pericolo. È da collegare strettamente al percorso educativo generale della persona, quindi al tema della graduale educazione al lavoro del soggetto in via di sviluppo. Per questo la formazione alla sicurezza è da delineare in una duplice prospettiva: quella del divenire sociale della persona e quella in riferimento alla posizione occupata dal lavoratore nel contesto lavorativo. E per influire efficacemente sugli stili di comportamento dei singoli lavoratori bisogna fare un salto di qualità, considerando la formazione alla sicurezza come espressione di un nuovo modo di concepire la presenza del lavoratore nell’ambiente di lavoro. Questa esigenza è definita da Pati “partecipazione democratica” al contesto lavorativo che porta a una maggior produttività e motivazione al lavoro.
Partendo da questa convinzione, il pedagogista della Cattolica ha coordinato un gruppo di formatori della facoltà di Scienze della formazione per approfondire un ambito della pedagogia che non è ancora stato pienamente indagato. Alcuni di loro, Monica Amadini, Elisa Bara, Chiara Bellotti, Chiara Buizza, Maria Paola Mostarda e Stefano Bonometti, hanno realizzato un percorso formativo per promuovere nei giovani universitari, futuri formatori, una nuova cultura della sicurezza. E hanno raccolto le richieste di consulenza di realtà imprenditoriali locali, quali ad esempio la Lucchini di Lovere, Invatec di Roncadelle, l’Azienda ospedaliera di Desenzano, Sma-Gruppo Auchan, Cariparma, Confcooperative.
La recente normativa (Decreto legislativo n.106 del 2009) in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro non parla solo di realtà produttive, ma attribuisce precise responsabilità anche alle organizzazioni di volontariato, che devono intraprendere adeguate iniziative affinché l’attività venga svolta in sicurezza. Spesso come ha rilevato l’Osservatorio sul Volontariato (Centro Servizi Volontariato e Università Cattolica) nel volume “Il rischio scelto. La formazione alla sicurezza per le organizzazioni di volontariato”, a cura di Luigi Pati, l’azione volontaria si contraddistingue per una sorta di sottovalutazione del rischio, quasi che la tensione all’impegno sociale provochi una diminuzione del livello di attenzione verso le possibili forme di pericolo. Il libro sottolinea il ruolo imprescindibile della formazione come occasione affinché il mondo del volontariato, al pari del mondo del lavoro, si impegni a coltivare una cultura in grado di aumentare i livelli di consapevolezza dei rischi.