Hanno creato mezzi meravigliosi come le tecnologie della comunicazione. Sono in grado di trovare strumenti altrettanto potenti per la sicurezza dei più piccoli». Proteggere i minori dall’esposizione ai messaggi negativi che si possono trovare in Internet, come violenza o pornografia, a cui hanno accesso sempre più attraverso gli smartphone, è l’impegno di una vita di Sonia Livingstone, uno dei massimi esperti mondiali in tema dei diritti dei minori nella Rete.
La professoressa del Dipartimento di Media and Communications alla London School of Economics and Political Science, ha tenuto il 5 maggio in largo Gemelli una lectio magistralis sulla presenza pervasiva dei media digitali nella vita di bambini e ragazzi. Nell’ultimo decennio le ricerche su internet e i minori hanno rivelato come, più i ragazzi usano internet, maggiori sono le loro competenze digitali e le opportunità online di cui beneficiano, ma anche maggiori i rischi a cui vanno incontro. Stupisce soprattutto l’assenza dei minori dal dibattito contemporaneo sui diritti digitali e dalle carte dei diritti che stanno nascendo in molti Paesi.
Sonia Livingstone ha raccontato a Cattolicanews le sue preoccupazioni per i minori che viaggiano quotidianamente in Rete, a fronte delle molte ricerche che ha condotto in Europa negli ultimi anni.
Oggi i bambini, grazie agli smartphone, hanno facile accesso a Internet. Ci vede più rischi o più opportunità? «È impossibile scegliere. In questo momento è importante considerare le opportunità perché in Europa abbiamo speso molto tempo per parlare dei rischi, ma secondo le mie ricerche questi sono abbastanza bassi, mentre le opportunità sono difficili da immaginare. Ai ragazzi viene insegnata la scienza o la matematica, ma in realtà le meravigliose opportunità del mondo intero non sono loro ben note. La letteratura o il teatro per bambini, per fare un esempio positivo, non li trovo spesso su internet e, se ci sono, i genitori spesso non sanno come trovarli. Bisognerebbe che ci fosse più consapevolezza di queste opportunità offerte dal mezzo».
Eppure i rischi, come violenza o pornografia, non mancano. Strumenti come i “parental control” servono? «Sì, ma devono essere più facili da usare per i genitori e più scaglionati per l'età delle persone da proteggere. Di certo non vogliamo ridurre le libertà degli adulti o degli adolescenti. In questo momento però è in atto una guerra: da un lato proteggere i bambini e limitare le possibilità per gli adulti e dall'altro lasciare la libertà con tutti i pericoli per i bambini. Dovremmo cercare una soluzione migliore e abbiamo bisogno di maggiore legislazione».
A proposito di social media, è innegabile che uno dei peggiori effetti collaterali sia il bullismo. Secondo lei le istituzioni dovrebbero intervenire con maggiori sanzioni? «Se pensiamo agli ultimi duecento anni di storia della scuola notiamo che in certi periodi il bullismo è stato più diffuso, in altri molto meno. Penso che ciò che ha fatto la differenza non sia tanto la “sanzione”, ma il disegno di vita all'interno della scuola. Dovremmo riflettere su questo anche nel mondo online e chiederci se in rete abbiamo delle regole oppure solo completa libertà».
Una domanda su Facebook: spesso capita che, in seguito a fatti di cronaca, le foto di minori facilmente disponibili vengano pubblicate. Cosa ne pensa al riguardo? «Bisogna fare delle distinzioni. Normalmente sono foto che senza permesso dei genitori non possono essere pubblicate; qualche volta il permesso viene accordato e, allora, dovremmo chiederci: qual è il nostro scopo, vendere più giornali o migliorare il grado di consapevolezza? In ogni caso senza permessi non si dovrebbe mai pubblicare l'immagine di un bambino».
Si potrebbe dire che, in casi di tragedie, spesso le immagini prima di finire sui giornali hanno già fatto il giro del web, ha senso evitare un danno già fatto? «Ha senso perché il giornalista ha un impegno etico col pubblico e deve onorarlo».