Nell’ambito della sfida della quarta rivoluzione industriale è ancora tanta la distanza da colmare tra piccole/medie imprese italiane e nuove tecnologie. È quanto è emerso nella seconda conferenza Management and Marketing in the Digital Age. Digital Transformation in Italia SMEs svoltasi in Cattolica lo scorso 7 febbraio per iniziativa del dipartimento di Scienze dell’Economia e della gestione aziendale, e coordinata dalla professoressa Annalisa Tunisini.
Introdotto dal saluto del preside della facoltà di Economia Domenico Bodega, dal presidente Sima Sandro Castaldo e dal presidente Sim Riccardo Resciniti, il convegno ha coinvolto numerosi studiosi e imprenditori.
L’assioma di fondo è che oggi è molto importante per le piccole e medie aziende, che sono quelle che formano l’ossatura del mondo imprenditoriale italiano, investire in tecnologia. Tale investimento tecnologico, meglio conosciuto come “investimento 4.0”, comprende macchinari, impianti e processi e costituisce una vera sfida perché richiede di ripensare il modo di produrre e di definire il concetto di capitale intangibile (ideazione del prodotto, sua valenza e relazione con i bisogni delle persone).
Le piccole e medie imprese hanno delle resistenze nell’accostarsi alla nuova tecnologia. Non è un processo semplice in quanto l’imprenditore mostra diffidenza nel cambiare il business model, dato che il fatturato certo è sul business tradizionale. Del resto, come è emerso dagli interventi, occorre superare i limiti della dimensione dell’impresa, in quanto l’investimento tecnologico non riguarda solo i colossi industriali ma anche le piccole imprese. Per questo le imprese che non si adatteranno alle regole del gioco, avranno problemi a restare competitive. La sfida, allora, è cogliere in ottica strategica e di ripensamento generale, le opportunità della tecnologia digitale, che richiedono una trasformazione culturale, prima ancora che di governance e di organizzazione, come ha rilevato Gabriele Barbaresco, direttore Ufficio Studi Mediobanca.
Nell’ambito della tavola rotonda, alla quale hanno partecipato Maurizio Cremonini di Comau, Gianlugi Viscardi di Digital Innovation Hub Lombardia, Giacomo Frizzarin di Microsoft e Luciana Ciceri di Ciceri De Mondel – Filoalfa, è emerso che agli imprenditori non viene spiegata l’importanza della digitalizzazione e della semplificazione di una realtà articolata, in cui le difficoltà si trasformano in sfide, stimoli e soddisfazioni. A tal proposito risulta utile il confronto tra imprenditori che si scambiano le diverse esperienze, le stesse associazioni industriali possono essere quindi un punto di partenza importante verso le nuove tecnologie.
Parlare di innovazione vuol dire fare riferimento a un’attitudine prima ancora che a una tecnologia. Inoltre l’innovazione tecnologica, una volta attuata, non costituisce un punto fermo ma comporta un costante aggiornamento. Lo ha raccontato Roberto Grandinetti dell’Università di Padova, relativamente alla sua casa domotica, alla quale ha dovuto far reinserire i pulsanti per far fronte ai vari problemi tecnici.
Tra i vari temi affrontati, è emersa l’importanza dei giovani: vanno formati e costituiscono la vera energia dell’azienda. Inoltre non devono dimostrare incertezze verso il mondo del lavoro, temendo che le nuove tecnologie facciano scomparire profili professionali ormai inadeguati; perché, come insegna l’esperienza americana: “Technology eliminates jobs, not work”.