di Valeria Colombo *
Ho passato cinque anni a controllare ogni mese il sito dell’università per informarmi su tutti i possibili programmi di studio o di lavoro all’estero. Volevo partire, trovare qualcosa che mi portasse per qualche mese via da casa, per migliorare l’uso delle lingue che studiavo e per vivere un’esperienza che tutti dicono indimenticabile. Ma ogni volta non ho trovato il coraggio di iscrivermi o semplicemente non volevo pesare sulla mia famiglia con costi ulteriori. Poi finalmente ho trovato il bando Psp, Premier Scholars Program, che garantiva, grazie all’Istituto Toniolo, una borsa di studio per un semestre all’estero in una prestigiosa università oltreoceano. I requisiti per accedervi erano svariati e io non avevo il passaporto e nemmeno una certificazione della lingua inglese. Cosa che ho fatto, senza ottenere però un punteggio troppo alto per il bando specifico del mio curriculum in Management internazionale. Ma la candidatura a UCSC International relations l’ho mandata comunque, senza molte speranze di successo. Ma la risposta è stata positiva e mi ha suscitato un mix di eccitazione, stupore, entusiasmo, ansia. Di lì a tre mesi sarei partita. Meta: Australia, Brisbane, University of Queensland.
Quattro mesi, tra febbraio e giugno, da incorniciare tra le esperienze più belle di sempre. Atterrare in un mondo così lontano e così diverso dal nostro impone di ricostruirsi da zero ogni aspetto della propria vita. Vivevo in un college con ragazzi da tutto il mondo, le classi erano enormi, il campus grande quanto un paese in miniatura dove orientarsi era sempre un problema, ma in cui inspiegabilmente ogni giorno si incontrava qualcuno di conosciuto con cui chiacchierare, prendere un caffè o semplicemente trascorrere qualche minuto sotto il piacevolissimo sole australiano. Anche le lezioni erano una novità: al di là della lingua e dell’accento australiano, inizialmente problematico, i docenti cercavano un approccio più interattivo, con un uso degli strumenti tecnologici completamente diverso da ciò a cui siamo abituati. Ho avuto anche la possibilità di intervistare la manager di un’importante società di consulenza finanziaria, al 40esimo piano di un grattacielo con una vista mozzafiato sulla città.
Esperienze uniche anche nel tempo libero: dal beach volley al tramonto a febbraio, mentre gli amici mi mandavano le foto delle continue nevicate milanesi, alle corse lungo il fiume che percorre il campus; dai weekend al mare tra i surfisti alla favolosa settimana di vacanza pasquale tra Sydney e Melbourne in compagnia di una ragazza coreana e una svizzero-venezuelana.
Non avrei potuto chiedere di meglio per concludere i miei studi. L’Australia è uno dei paesi più multiculturali e più aperti al mondo, dove si ha la possibilità di superare milioni di barriere e pregiudizi che possiamo crearci nella nostra piccola Italia. Passare quattro mesi al di là dell’oceano credo mi abbia resa più sicura, più flessibile, mi abbia fatto crescere e imparare non solo dal punto di vista linguistico, ma anche a livello umano. E la distanza così forte mi ha permesso di apprezzare di più quello che ho qui, osservando tutto con occhi più maturi.
* 23 anni, quinto anno della laurea magistrale in Scienze linguistiche, curriculum Management internazionale, sede di Milano