Stefana Broadbent è direttrice e fondatrice di diversi centri di studio e osservatori di antropologia digitale con approccio etnografico in vari paesi d’Europa. Negli ultimi tempi si è concentrata sullo sviluppo della collaborazione e dell’intelligenza collettiva. Nell'incontro alla Cattolica di Brescia ha parlato di "intelligenza collettiva", dei cambiamenti in atto nella società e nella quotidianità in seguito alla diffusione dei media digitali, e delle potenzialità del processo.

Spesso viene espressa preoccupazione per la massiccia diffusione delle attività digitali, soprattutto tra i più giovani, che andrebbe a scapito di concetti come l'approfondimento culturale o l'interazione sociale.

Dopo 20 anni di internet e’ sempre più difficile fare delle distinzioni nette tra digitale e non digitale. Tutte le istituzioni e forme culturali si prolungano e si completano in rete. Libri, mostre, opere teatrali e musicali hanno delle forme di estensione online con complemento di informazione e approfondimenti. Dunque mi sembra un insieme organico piuttosto che una dicotomia. Allo stesso modo, la socializzazione si prolunga o si prepara online. Tanti studi mostrano che la stragrande maggioranza delle persone con cui si comunica per via digitali sono le 5 o 6 persone che si frequentano di più durante il giorno. Anzi sembrerebbe che più si comunica con una persona via messaggi o altri canali, più probabile é di vederla faccia a faccia. Anche le persone che fanno parte di una rete più estesa come certe amicizie più distanti su Facebook vengono contattate direttamente in modo contestuale quando emerge l’occasione di un incontro. La comunicazione digitale anticipa e prepara l’incontro e spesso lo memorializza e lo prolunga. Le relazioni dunque in molti casi ne risultano arricchite e non impoverite. 

Il concetto di “intelligenza collettiva” sembra invece valorizzare la condivisione d'idee che proprio le attività digitali offrono. Ma cosa s’intende per “intelligenza collettiva”?

L’uso intenso di tanti canali di comunicazione diversi, dall’email, a twitter, dalle foto su Facebook ai video su youtube, sta indubbiamente aumentando la nostra capacità di usare registri diversi per comunicare. Inoltre grazie ai social media abbiamo imparato a parlare a dei pubblici più vasti e a condividere idee e conoscenze, siano esse anche dei semplici link o commenti ad un hotel o ristorante. Collettivamente stiamo diventando bravissimi a comunicare con linguaggi e strumenti spesso assai poveri - basti pensare quanto significato possiamo mettere nella presenza o assenza di un like, o le decisioni d'acquisto fatte sulla base di valutazioni fatte da sconosciuti - ed ad imparare rapidamente nuovi codici.  

Questa capacita’ di “leggere” le intenzioni degli altri attraverso dei messaggi spesso brevi e incompleti sta facilitando la collaborazione a distanza. Le pratiche di lavoro sono cambiate enormemente con l’email, generalizzando la capacita’ di collaborare all’interno di un network anche remoto. La coordinazione a distanza anche con persone che non abbiamo mai incontrato dipende tuttavia dal fatto di avere un contesto comune molto chiaro che vincola la comunicazione e l’azione. 

Per questo motivo i progetti “civici” che vogliono avvalersi dell’intelligenza collettiva, cioè il contributo concertato di tante persone in rete, devono proporre degli obbiettivi chiari e un contesto comune condiviso. I casi più clamorosi di “intelligenza collettiva” come Wikipedia, le mappe di Openstreet Map, ma anche le basi di conoscenza delle associazioni di pazienti di malattie genetiche rare, sono tutte delle piattaforme costruite grazie ai contributi di migliaia di persone, spesso esperte nel loro campo, accomunate dal desiderio di costruire qualcosa di coerente.  Tanto più questi progetti sono chiari e dimostrano il loro valore per la collettività, tanto più riescono a mobilizzare i contributi di migliaia di volontari.

Com’è cambiata la vita delle persone con l'evoluzione delle attività digitali, quali le ombre e quali le luci?

Tenderei a vedere i lati positivi del cambiamento. Ho sempre creduto nella capacità del digitale di “empower” le persone che lo usano, mettendole in contatto diretto con servizi e istituzioni e permettendo a tutti di contribuire. Se penso a gov.uk, l’interfaccia digitale del governo UK che offre una porta d’entrata straordinariamente semplificata a tutti i servizi al cittadino, il processo di semplificazione dell’interfaccia ha stimolato un vero ripensamento e riorganizzazione dei servizi stessi. In questo caso il digitale ha guidato un processo nel quale il cittadino esce più in controllo e più “empowered" nella sua relazione con il governo e i servizi pubblici. Inoltre molte amministrazioni pubbliche si sono rese conto del potenziale dell’intelligenza collettiva dei loro cittadini. Emerge sempre più la consapevolezza che esistono moltissime competenze nascoste nel pubblico che possono essere mobilizzate per compiti non troppo onerosi ma significativi.

Come favorire la correttezza e la consapevolezza delle potenzialità delle attività digitali?

L’unico modo di favorire la potenzialità del digitale é di sostenere il lato attivo del cittadino online. L’importante é diventare persone che contribuiscono e non sono solo consumatori di media. Incoraggiare ogni forma di contributo e insegnare ad essere partecipi di questo enorme flusso di produzione online è secondo me più importante che semplicemente insegnare a consumare in modo critico. E' proprio producendo e condividendo che si capisce quali possono essere le trappole delle fake news, e come si possa manipolare l’informazione.

Quale futuro è possibile immaginare alla luce di tali potenzialità?

Quello su cui sto lavorando e in cui credo molto è la possibilità di mettere insieme questo potenziale di collaborazione e d'innovazione per sostenere la trasformazione dei comportamenti in risposta al cambiamento climatico. La nostra piattaforma IYWTO è un esempio di piattaforma di intelligenza collettiva nella quale mettiamo insieme i contributi di migliaia di persone che hanno ideato servizi e soluzioni per una vita sostenibile. Davanti a un tale livello di innovazione, creatività e passione sono molto ottimista sul potenziale del mondo digitale nell'impattare positivamente la società.