Capelli disordinati, sorriso smagliante, passo svelto. Si presenta così Brandon Keith Biggs quando lo incontriamo nei chiostri dell’Università Cattolica. È americano e non parla bene la nostra lingua, ma insiste perché la conversazione si svolga in italiano: «Sono qui per imparare – dice – voglio sforzarmi».
È una forza della natura e sembra che nessuno lo possa fermare, nemmeno il bastone che ha in mano. Che è quello con cui le persone che non vedono si fanno strada in mezzo a noi. Brandon, infatti, è cieco dalla nascita. E, dall’inizio di settembre, è diventato il primo studente non vedente della sua università a entrare in un programma di scambio internazionale.
Elencare le sue “prime volte” lo inorgoglisce molto: il primo studente a fare il programma Overseas, il primo a iscriversi a una classe di teatro, il primo a venire in Italia della sua università e della sua famiglia. Ha scelto il Bel Paese perché la sua passione è la lirica e, visto che la maggior parte delle opere è scritta in italiano, lui ci tiene a imparare la nostra lingua e, chissà, magari un giorno cantare la Tosca alla Scala.
Tutto è iniziato quando aveva 14 anni: dopo aver partecipato a uno spettacolo scolastico, i suoi insegnanti lo hanno raccomandato per entrare in un summer camp dove, per due mesi, ha lavorato per recitare in uno spettacolo andato in scena per cinque serate. Quell’esperienza gli è servita per imparare a stare sul palco, a cantare e memorizzare i copioni. In quell’occasione ha capito che la musica sarebbe potuta diventare una professione. Tornato a casa, ha continuato a percorrere quella strada interpretando una parte in Oliver Twist che andava in scena in un teatro comunale.
È a 16 anni, però, che fa l’incontro della sua vita: quello che sarà il suo professore di canto per due anni lo introduce alla musica lirica, passando per le cosiddette “art songs”. Con lui ha scoperto Puccini, Verdi, Wagner e tutti i grandi compositori classici. Ha imparato ad amarli e ha sognato di interpretare le loro opere.
Il suo ultimo spettacolo prima di venire in Italia l’ha messo in scena insieme a una compagnia di attori molto più grandi di lui dai quali ha imparato molto. «Cercavano un attore con disabilità perché si recitava in un edificio costruito per persone non vedenti. Così sono stato preso».
Qui in Italia ha scoperto l’amore per la nostra cultura, ma soprattutto per la cucina: «A casa della mia fidanzata ho assaggiato per la prima volta i pizzoccheri che sono diventati il mio piatto preferito. Volevo imparare a cucinarli così mi sono iscritto a un corso di cucina. Ora so fare la pizza, il risotto, le crespelle, il pesto e tanti altri piatti».
Se gli si chiede, infine, che cosa ha pensato di noi il primo giorno che è arrivato la risposta per lui è semplice: «In America se non parli inglese alla perfezione nessuno si sforza di capirti. Qui in Italia, invece, tutti si sono sforzati di capirmi anche se non parlavo bene la lingua. Gli impiegati dell’ufficio internazionale della Cattolica non facevano che ripetermi: “Cosa posso fare per te, come posso aiutarti?”. Anche per questo, Brandon ha deciso di rimanere con noi ancora un po’, prolungando il suo soggiorno anche per il prossimo semestre.