Sarà perché, in tempi di crisi, si è costretti a stringere la cinghia. Sarà perché i prodotti che arrivano da vicino piacciono di più. Non c’è allora da meravigliarsi se sono in crescita i consumatori che, in barba ai prezzi stracciati dei discount e alle offerte vantaggiose dei centri commerciali, scelgono di acquistare “a chilometro zero”. Soprattutto a Milano. È quanto emerge da uno studio realizzato da Flavio Merlo e Paola Chessa Petroboni, entrambi ricercatori del Centro per lo studio della moda e della produzione culturale (Modacult) dell’Università Cattolica di Milano, che hanno intervistato 504 nuclei familiari lombardi, di cui 283 residenti a Milano.
L’indagine - presentata nel corso di un seminario organizzato dall’Adiconsum in occasione dell’Expo e dedicato proprio alle abitudini di consumo dei cittadini lombardi - fornisce uno spaccato degli stili di vita che stanno prendendo piede tra le famiglie lombarde, sempre più alle prese con la necessità di sbarcare il lunario. Forse è per questo motivo, secondo quanto risulta dalla ricerca, che chi fa fatica ricorre alla lista della spesa e la rispetta il più possibile contro chi non ha problemi economici e può permettersi di improvvisare. Eppure non manca chi, pur avendo meno reddito, usa poco lo strumento della lista (30%). «L’elenco delle cose necessarie potrebbe essere utile per contenere i consumi superflui - ha sottolineato Paola Chessa Petroboni -. Addirittura sono molti quelli che dichiarano di non sapere quanto spendono al mese. Questo perché al momento dell’acquisto convivono tendenze antitetiche: da un lato, lo spostamento verso prodotti di primo prezzo, dall’altro, la scelta di prodotti a più alto significato ambientale. Un segnale evidente che l’adesione valoriale comincia a indirizzare le pratiche di consumo». Lo testimonia il fatto che sono in aumento i consumatori che apprezzano prodotti bio ed equo-solidali, come pure forme alternative di acquisto, tra i cui i Gas, i gruppi di acquisto solidale, diffusi soprattutto nell’area metropolitana, e in particolare tra coloro che dichiarano titoli di studio elevati.
Il dato più interessante riguarda comunque l’acqua. Milano, infatti, è il capoluogo dove si consuma più acqua del rubinetto (36,6%), più diffusa tra i giovani sia single che sposati con figli piccoli. Segue Bergamo con il 36,2% e la provincia milanese (31,1%). Nonostante tutto resta ancora alto il consumo di acqua in bottiglia di plastica, con percentuali quasi doppie rispetto a quelle dell’acqua di rubinetto. I single over 64 sono ancorati alla tradizionale bottiglia di vetro. Altissima, poi, resta la percentuale relativa all’acqua in bottiglia di plastica per i nuclei monoparentali con figlio minorenne. Non solo al livello più basso di reddito più del 50% del campione consuma acqua in bottiglia di plastica.
L’attenzione dei lombardi al risparmio, quindi, resta alta. Ma in primo piano resta anche la qualità. Un fattore a tal punto determinante che anche il marketing della grande distribuzione se ne sta accorgendo. «Una catena per stimolare l’adesione valoriale sta aprendo punti vendita eco-compatibili», ha concluso Chessa Petroboni.