«Gutenberg contro Facebook» è solo uno dei tanti possibili paradigmi dello stacco generazionale che in famiglia, come a scuola, crea una barriera tra adulti e giovani, tra allievi e insegnanti. Sanare il conflitto tra carta stampata e galassia digitale, per garantire un quadro di informazione omogeneo in cui si fondano vecchi e nuovi media, è una delle sfide della Media education. Tra Gutenberg e Facebook. La Media Education nella scuola è il titolo del convegno milanese promosso nella sede della Regione Lombardia per presentare il primo rapporto sull’educazione all’utilizzo dei media nella scuola di base lombarda. I dati presentati sono stati raccolti all’interno di un più ampio progetto di ricerca, promosso dai Comitati regionali per le comunicazioni (Coreco) della Lombardia, dell’Emilia Romagna e della Puglia.
L’obiettivo dell’iniziativa, condotto in Lombardia con la collaborazione dell’Ufficio scolastico regionale e con il supporto scientifico dell’Istituto Regionale di Ricerca (Irer) e del Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica (OssCom), è stato quello di restituire il quadro in cui si muove l’educazione ai media nelle scuole, regione per regione, per comparare i risultati tra le tre realtà e verificare le possibilità di un potenziamento dei progetti didattici. Seicentoventi scuole lombarde, tra primarie e secondarie, sono state coinvolte nella raccolta di dati per sondare quali e quanti media vengono utilizzati quotidianamente tra i banchi di scuola e che tipo di impiego ne viene fatto. La compilazione di 12.398 questionari di approfondimento da parte di dirigenti scolastici e insegnanti ha fornito poi anche la possibilità di effettuare un’analisi qualitativa sulla sensibilità degli educatori e sulle modalità con cui si relazionano ai media e al loro insegnamento.
I risultati sono stati positivi. Dai numeri emerge infatti che la Media education trova nella scuola lombarda ampio spazio, con una penetrazione più significativa nella primaria (60%) che nella secondaria (50%). Molto diffuso anche l’uso dei media per approfondire argomenti scolastici (63,7%); mentre, per quanto riguarda i mezzi più utilizzati, se nella scuola primaria prevale il computer (78%), in quella secondaria è ancora molto usato il videoregistratore (33,9%). Poco massiccio, d’altra parte, è il riscontro verificato nell’impiego dei giornali (solo 17,5%) e della radio (4,1%).
Meno confortanti, invece, i numeri raccolti sulla formazione e sulle inclinazioni degli insegnanti: la maggior parte dei docenti che insegna Media education dichiara infatti di essere autodidatta (60%), e di preferire nel tempo libero la lettura di libri, riviste e giornali (70%) piuttosto che navigare in internet (tra il 6% e l’8%). Percentuali che richiamano il rapporto ancora particolarmente complesso tra la cultura dominante nella scuola e quella dei media. «I dati emersi – spiega Maria Luisa Sangiorgio, presidente Corecom Lombardia – indicano senz’altro ampi margini di crescita e soprattutto un ruolo sempre più strategico della Media education nella scuola fin dalle classi primarie, ruolo ben percepito da studenti e da insegnanti. Molte scuole, infatti, dispongono di spazi e dotazioni tecnologiche sostanzialmente adeguati per l’insegnamento, ma non stiamo parlando di “tutte le scuole”».
Tutte le scuole lombarde, tra elementari e medie, ammontano infatti a 3.498 istituti. Una realtà di gran lunga superiore al campione analizzato. «Il progetto di ricerca – commenta Piermarco Aroldi, vicedirettore dell’OssCom dell’Università Cattolica e coordinatore dell’indagine – è riuscito a fotografare lo stato attuale della Media education in un numero preciso di scuole. Emerge una situazione positiva in cui è possibile cogliere le condizioni strutturali e intercettare la giusta sensibilità per un incremento futuro. Nella maggior parte dei casi è pensata in modo strumentale per la didattica, ma la vera sfida è quella di passare attraverso una didattica con i media per sviluppare una piena alfabetizzazione ai media. Non solo. Sarebbe necessario stimolare una maggiore consapevolezza degli strumenti ormai inglobati nella quotidianità e creare le condizioni per l’esercizio della nuova cittadinanza digitale cui sono chiamati i più giovani».