Flussi che cambiano il volto delle città. Il fenomeno dell’immigrazione, lo si voglia o no, modifica il profilo delle realtà che accolgono. Anche di una città di media grandezza, ma di grande attrazione a causa del lavoro come Brescia. Il Cirmib, diretto dalla sociologa Elena Besozzi, ha tastato il polso al rapporto tra la città e gli immigrati nell’annuario 2009 “Immigrazione e contesti locali”, presentato lo scorso 25 febbraio nella sede di via Trieste. Il volume ha provato a misurare il livello d’integrazione utilizzando indicatori come l’avere un lavoro o una casa e il mandare i figli a scuola. Dalle ricerche dell’Istat e dell’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità, presentate dal rappresentante Alessio Menonna, emerge che in Italia abitano 5 milioni di stranieri, che aumenterebbero a circa 6 milioni se si calcolano quelli non in regola, su una popolazione complessiva di 60 milioni di persone. Si prevede che i ritmi di crescita di questo fenomeno caleranno entro breve termine, ma non diminuirà il numero degli immigrati nati in Italia, quelli che appartengono alla seconda generazione.
Oggi la popolazione immigrata è ancora concentrata nella fascia giovane-adulta, ma l’annuario del Cirmib mette in rilievo due elementi: l’inevitabile processo di invecchiamento che farà emergere nuovi problemi, primo tra tutti la necessità di assistenza medica per gli anziani; e il calo di fertilità da parte degli stranieri ormai “stabilizzati”, che hanno assunto i nostri ritmi di vita e di procreazione. Il Lombardo-Veneto e l’Emilia presentano la densità maggiore del fenomeno e in 8 anni e mezzo il numero di immigrati è aumentato del 179%, soprattutto nelle provincie piccole. Si è stimato che Brescia e Bergamo saranno le provincie in cui il ritmo di crescita della presenza straniera è destinato a rallentare moltissimo e a stabilizzarsi. A livello regionale, al primo posto per numero di presenze straniere si classifica la Romania, seguita da Marocco, Albania, Egitto, Filippine e India.
Il motivo principale delle migrazioni resta la speranza di trovare un’occupazione, ma questo tema è collegato a questioni e problematiche nuove come infortuni sul lavoro e disoccupazione. La sistemazione abitativa mostra una tendenza alla stabilità e la percentuale di case di proprietà è salita, mentre si è più che dimezzato rispetto ai dati d’inizio decennio il fenomeno di coabitazione di più famiglie nello stesso appartamento.
Notevolmente più preoccupante è la situazione di occupazione lavorativa, anche a causa della crisi economica che ha investito la società negli ultimissimi anni. Il solo dato positivo, sia pure in quote minime, è la crescita del passaggio a occupazioni a contratto a tempo indeterminato. Francesca Peano Cavasola si è soffermata sul problema degli infortuni per i lavoratori stranieri, che hanno un rischio del 25% in più rispetto ai colleghi italiani. Tra i motivi di questo fenomeno sono stati individuati la mancanza di una formazione adeguata, la barriera linguistica che non permette una corretta comprensione delle norme di sicurezza e, non di minor rilievo, il tipo di mansioni, più esposte a rischi, in cui sono impiegati i lavoratori stranieri. Gli immigrati occupati nella nostra città superano la media regionale e trovano lavoro soprattutto nel settore industriale, anche per una vocazione caratteristica dell’economia bresciana. «L’industria bresciana – ha spiegato la ricercatrice - ha bisogno più di altre realtà della manodopera straniera per sostenere la competitività delle sue imprese. Purtroppo Brescia è la seconda provincia in Lombardia per numero di infortuni sul lavoro. Sicuramente è emersa la volontà di affrontare questo problema, perché i casi di infortunio dei lavoratori italiani sono in calo, ma ciò che ancora manca sono gli strumenti di conoscenza».
Un’attenzione particolare dell’Annuario 2009 è rivolta all’integrazione dei minori stranieri. In ambito scolastico la presenza straniera, in continuo aumento, rappresenta circa il 7% della popolazione scolastica ed è caratterizzata da un progressivo miglioramento nell’inclusione e nel rendimento. La realtà dei giovani immigrati e dei loro percorsi d’integrazione è stata delineata da Maddalena Colombo dell’Università Cattolica di Brescia: «Una recente ricerca empirica condotta in Lombardia tra i 14-18enni stranieri presenta tre possibili percorsi che interrogano gli operatori e i decisori politici. In tutti e tre i percorsi, la scuola e il successo formativo rivestono un’importanza decisiva: le indicazioni del Consiglio d’Europa sull’urgenza di adottare misure che favoriscano in tutti i modi l’istruzione dei giovani immigrati risultano ormai imprescindibili». Elena Besozzi ha ricordato che il processo di integrazione non è un movimento a senso unico, ma uno scambio in doppia direzione: «Dobbiamo convogliare risorse – ha afferma – ma anche idee per far emergere una modalità di agire comune che favorisca questo risultato. Un lavoro in rete che coinvolga tutte le realtà che operano per questo scopo acquista molto più valore se i cittadini stranieri lo riconoscono e si fidano».