Pubblichiamo alcuni stralci dell’editoriale del professor Mauro Magatti pubblicato sul "Corriere della Sera" di martedì 22 ottobre.
di Mauro Magatti *
C’è un aspetto che le ricerche degli ultimi anni mette in evidenza e riguarda la ricostruzione del senso di comunità (una domanda su cui converge l’88% degli intervistati in un sondaggio SWG).
I primi nemici da combattere sono la disillusione, la diffidenza, l’isolamento, che di fatto rendono impossibile ogni ripartenza. Si avverte il bisogno di un clima più positivo, dove sia possibile ricostruire quel bene intangibile ma così prezioso che è la fiducia. Che si basa su tre pilastri: la qualità dei soggetti attivi sul territorio (istituzioni pubbliche, ma anche imprese, scuole, ospedali, associazioni di categoria, parrocchie): è nel rapporto con tali soggetti che i cittadini si formano la loro idea della realtà. La legalità, con uno stato capace di soddisfare la legittima domanda di sicurezza. Che sia l’immigrato illegale, l’amministratore corrotto o l’imprenditore che sfrutta il lavoro c’è bisogno di sapere che coloro che distruggono il bene comune siano effettivamente perseguiti. Infine, la capacità di investire - sulla famiglia, sulle infrastrutture, sui beni pubblici - come chiave di accesso al domani. Solo una comunità che investe può guardare al futuro con fiducia.
Al di là dell’aspetto economico (che pure conta) queste tre dimensioni marcano la domanda di un diverso modo di stare insieme. È su questo che le forze politiche (specie se «nuove») si devono misurare: è finito il tempo dell’espansione, dell’individualismo, dello slegamento. Può essere che ciò ci spinga verso il tempo della rabbia, del risentimento, della chiusura. Ma può essere invece che ciò costituisca una straordinaria occasione per ritessere una vita sociale che negli anni si è sfrangiata. Al di là di ciò che produciamo e consumiamo, occorre lavorare per ricostruire la qualità del nostro tessuto sociale: a partire dalla cura della persona e dei territori. In gioco c’è il nostro futuro. La possibilità stessa dell’Italia di rimanere «viva».
* docente di Sociologia, facoltà di Scienze politiche e sociali, campus di Milano