«Viva l’Italia!»: è l’esclamazione convinta, insieme giuramento di fedeltà e grido estremo, che pronunciarono molti nostri compatrioti andando incontro alla morte nel corso del Risorgimento ottocentesco e della Resistenza novecentesca. Quell’esclamazione, quel giuramento, quel grido è stato ricordato e riletto con voce emozionata da Aldo Cazzullo all’inizio dell’incontro che lo ha visto protagonista con Luciano Onder, lo scorso 31 marzo a Roma, nel sesto appuntamento de “Il cielo nelle stanze”, l’iniziativa promossa dal Policlinico “A. Gemelli” e dalle librerie Arion.
L’editorialista e inviato del «Corriere della Sera» ha presentato il suo fortunato volume, Viva l’Italia! appunto, che – come ha notato Onder – porta nel sottotitolo un perentorio perché dobbiamo essere orgogliosi della nostra nazione. «È stata una grande soddisfazione – ha ammesso Cazzullo – l’aver intercettato lo “spirito” popolare diffuso in queste settimane di festeggiamenti per i 150 anni dell’Italia unita. Uno spirito in sintonia con quanto ho cercato di esprimere attraverso i racconti del mio libro». Si tratta di piccole storie, per lo più dimenticate, in un carosello di episodi carichi di delicate nostalgie e di un coraggio sempre discreto quanto autentico. «Ho scoperto molti eroi, nel corso della scrittura dei vari capitoli, sia nel periodo del Risorgimento, sia in quello della Resistenza. Generazioni intere per cui l’Italia valeva più della propria stessa vita. E mi sono imbattuto, fra l’altro, in tante splendide figure di donne, che dovremmo valorizzare di più nella nostra memoria collettiva».
Risorgimento e Resistenza: due fasi storiche cruciali per il Paese, ma sulle quali ancora dobbiamo imparare a ragionare con equilibrio e misura: «Entrambi questi momenti vengono in genere percepiti come proprietà di una certa “parte” contro un’altra, implicano faziosità. Invece rappresentano un patrimonio nazionale unico. Il Risorgimento non appartiene solo ai borghesi o ai liberali, è anche delle classi popolari. La Resistenza non fu solo un’iniziativa dei comunisti, ma anche dei cattolici; non solo di operai, ma anche di avvocati, soldati, intellettuali». Cazzullo, con vivace eloquio, offre una rassegna di nomi e vicende lontane che acquistano una luce particolare quando riconsiderate con gli occhi dell’oggi, in giorni segnati dalle intemperanze della politica – o meglio, di alcuni politici – ma anche dal sacrificio silenzioso e responsabile di chi continua a fare bene il proprio lavoro. «Sono qui al Gemelli e penso a medici, infermieri, volontari che quotidianamente curano i malati. Ma penso anche agli insegnanti o ai sacerdoti impegnati nel sociale: sono questi, e molti altri, i veri eroi contemporanei che ignoriamo».
Esistono però alcune personalità emblematiche per l’Italia: «Carlo Azeglio Ciampi – osserva Cazzullo – ci ha “rieducato” all’amore per il tricolore, per l’inno, per la patria stessa. E anche Giorgio Napolitano sta facendo molto in questo senso, dimostrando l’alto valore che può assumere la Presidenza della Repubblica, riconosciuta da tutti gli italiani. Lo stesso forse non si può dire ora della Presidenza del Consiglio…». E sollecitato da Onder a descrivere Silvio Berlusconi, Cazzullo risponde così: «È l’arcitaliano, nel bene e nel male. Nell’inventiva, nel gusto del saper vivere, ma anche nell’insofferenza per lo Stato e il pubblico, se questo pone troppi vincoli all’interesse privato».
L’Italia, unita prima dell’Unità del 1861 per merito della poesia dantesca e dell’arte rinascimentale; terra dei molteplici comuni che la animano, piccole patrie le quali, tuttavia, stanno insieme grazie alla nazione più ampia. Con buona pace di leghisti e neoborbonici, «accomunati da una medesima convinzione: “se ho questo o quel problema, non è mai colpa mia, è sempre colpa di qualche altro italiano”», che stia più a sud o più a nord. «E pensare – prosegue Cazzullo – che c’è una grande domanda di Italia nel mondo. Di Italia, però: non di Padania o di altri pezzetti».
Prima di salutare il pubblico della hall, fra cui il rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi e il direttore del Policlinico Cesare Catananti, dedicando un pensiero speciale ai malati collegati in diretta video dai reparti, Aldo Cazzullo scambia ancora qualche battuta su quale Italia sarà, quella che ci attende. Il giornalista piemontese ritiene «un grave problema la forbice sempre più ampia che si registra fra cultura e ricchezza: mediamente, chi ha più dell’una sembra aver meno dell’altra, e viceversa. I giovani che studiano e si impegnano non hanno un percorso facile davanti, forse perché in generale il merito pare poco premiato. La mobilità sociale frena. Ma gli italiani – conclude Cazzullo – sono dotati di intelligenza ed estro. E sono più legati alla nazione di quanto non riconoscano loro stessi». Dunque: viva l’Italia!