Favorire la crescita del sistema delle cure palliative per garantire un’assistenza non solo di alta qualità, bensì anche compartecipata e uniforme sul territorio, mettendo sempre al centro le persone e le famiglie coinvolte: è la sfida che si propone di affrontare la Società italiana di cure palliative (Sicp) del Lazio, che si è riunita per il suo congresso regionale il 25 febbraio, ospite della sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Sul tema, denso ed evocativo, Dal curare al prendersi cura… dell’altro e di sé… Il tempo dello spirito, del dialogo e della conoscenza si sono confrontati nell’aula Brasca del Policlinico “Agostino Gemelli” medici e infermieri, psicologi e operatori, volontari e caregiver, ma anche teologi.
I pazienti hanno costantemente bisogno di un approccio davvero integrale per la cura dei loro mali, di origine innanzitutto fisica ma con serie ricadute psicologiche e spirituali. Come sostiene la coordinatrice dell’iniziativa, Adriana Turriziani - ricercatore di Diagnostica per immagini e Radioterapia presso la facoltà di Medicina e Chirurgia della Cattolica nonché direttore medico dell’hospice “Villa Speranza” e, dallo scorso dicembre, presidente nazionale della Sicp - «dobbiamo contribuire a diffondere nella società un’attitudine culturale positiva intorno alla questione dei malati terminali, che insieme con i familiari devono essere nelle condizioni di dare pieno significato a ogni gesto compiuto, soprattutto nel corso dei loro ultimi giorni insieme. L’hospice in particolare deve essere, per nulla paradossalmente, un “luogo di vita”».
Nel corso dei lavori – aperti dal saluto di Numa Cellini, docente di Diagnostica per immagini e Radioterapia – sono stati numerosi e impegnativi i temi trattati: dall’accompagnamento nella comprensione dell’esperienza della perdita e della morte (che coinvolge gli affetti più cari e tocca in maniera drammatica i sentimenti più intimi), alla difficoltà degli operatori nella complessa gestione di situazioni di forte stress, in cui fra l’altro è sovente necessario prendere decisioni gravi e tuttavia non sempre adeguatamente condivise. Uno speciale momento di approfondimento è stato dedicato al rilievo che assume la dimensione spirituale nelle fasi finali dell’esistenza, soprattutto se provata dalla sofferenza, quando emerge in tutta la sua radicalità il rapporto di ciascuno con la propria visione di fede e le proprie radici culturali. Nel pomeriggio, poi, si sono svolti workshop paralleli più mirati, i cui risultati sono stati condivisi al termine della giornata in un’ultima sessione plenaria.