La lotta allo spreco alimentare fa bene ai poveri, all’ambiente e anche all’economia. Le 830 tonnellate di alimenti invenduti dalla grande distribuzione organizzata (GDO) e donati in un solo anno in Lombardia corrispondono a un valore netto recuperato di 2,7 milioni di euro, si traducono in una forte riduzione dell’impatto ambientale e, soprattutto, in un valore sociale che può risultare anche doppio del valore commerciale nominale. Un modello di “economia circolare sociale” certificato dal progetto regionale “Reti virtuose contro lo spreco alimentare”, che è stato realizzato con il coordinamento scientifico dell’Università Cattolica e il coinvolgimento di 17 comuni, tra cui Milano.
L’iniziativa s’inserisce nell’ambito dei Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che ha reso la riduzione degli sprechi alimentari una consolidata strategia europea, nazionale e regionale. Parte di questa strategia poggia sulla crescita delle donazioni di prodotti invenduti nelle catene industriali e di GDO, veicolate alle persone indigenti attraverso il sistema delle Onlus e del Non-profit sociale.
“Reti virtuose contro lo spreco alimentare” ha mappato per la prima volta in dettaglio la realtà lombarda delle reti di donazione alimentare che coinvolgono la grande distribuzione, il non-profit sociale e i comuni. Portando cibo alle persone indigenti e riducendo i rifiuti alimentari e i loro impatti ambientali, le donazioni possono essere “win-win” ma possono, in determinate condizioni, creare risparmi economici per la GDO e per i cittadini, attraverso la riduzione dei costi comunali di gestione dei rifiuti, divenendo così “win-win-win”.
Roberto Zoboli e Filippo Fraschini, dell’Università Cattolica, hanno curato l’analisi costi-benefici “estesa”, comprendente anche i benefici ambientali e sociali, delle donazioni attuate nel progetto. Le 830 tonnellate di alimenti donate in un anno dagli attori del Protocollo, corrispondono a circa 1.661.000 pasti, con una riduzione di rifiuti equivalente che vale una riduzione di 1.719 tonnellate di CO2, 311 kg di particolato fine, sette milioni di ettolitri acqua, 585 ettari di terra. Considerando anche tali benefici tradotti in termini monetari, il valore economico netto recuperato attraverso le donazioni durante il progetto è stato di 2,7 milioni di euro.
Un’analisi particolare sul valore sociale delle donazioni è stata sviluppata dall’Università Cattolica in collaborazione con Caritas Ambrosiana. Le donazioni di prodotti alimentari possono avere, per un dato valore commerciale nominale – interpretabile come mancata spesa da parte dei destinatari di donazione - un valore sociale molto diverso a seconda delle condizioni individuali di indigenza di chi le riceve. Mentre per il “più ricco tra i poveri” (per esempio il pensionato in difficoltà temporanea che si rivolge a Caritas Ambrosiana) il pasto ricevuto ha un valore individuale prossimo a quello del supermercato, per il “più povero tra i poveri” (per esempio un senza casa in deprivazione cronica) lo stesso pasto vale un multiplo in termini di utilità individuale. Tale “moltiplicatore” di valore individuale può essere, in base ai dati del progetto, anche pari a 21 volte. In pratica, un pasto del valore nominale di 5 euro può “valere” 105 euro per il povero più estremo in termini di utilità equivalente.
Questa analisi costi-benefici con pesi distributivi ha utilizzato i dati di Caritas Ambrosiana su un campione di persone che si rivolgono ai centri di ascolto per la costruzione di una “scala di indigenza” che è stata “trasferita” agli ipotetici destinatari delle donazioni del Progetto Reti. Secondo le stime così ottenute, il valore commerciale nominale delle donazioni del Progetto Reti (2,7 milioni di euro) avrebbe un valore per i destinatari finali, se composti come il campione Caritas Ambrosiana, che varia da 4,2 milioni a 6 milioni di euro, e cioè da 1,5 volte a 2,2 volte il valore commerciale nominale.
In pratica, beni di valore nullo per la GDO (invenduto), che costa portare a rifiuto, acquisiscono, attraverso il lavoro del Non-profit, un valore sociale misurabile che è multiplo del valore commerciale nominale. Si tratta di una “economia circolare sociale” che i decisori pubblici dovranno meglio comprendere, per esempio nel determinare sistemi tariffari per i rifiuti che, al contrario di quanto avviene attualmente, siano incentivanti per le donazioni della GDO, uno sviluppo peraltro già previsto dalla Legge Gadda del 2017.
Il rapporto finale del progetto “Reti virtuose contro lo spreco alimentare” è disponibile sul sito di Regione Lombardia.