La lotta alla corruzione è anche una battaglia culturale. Parola del presidente dell'Anac Raffaele Cantone, che ha presentato in Università Cattolica a Milano il libro scritto “Corruzione e anticorruzione”. «Oggi non c’è una corruzione sistemica della politica come ai tempi di Tangentopoli dove tutti, dai vertici ai funzionari minori, incassavano tangenti. La corruzione è presente in maggior misura nella burocrazia e la politica, se vuole, è più libera di combatterla. Ma servono pene effettive».
Con queste parole il magistrato Raffaele Cantone ribadisce la sua attività di contrasto che da anni svolge contro il fenomeno, anche nelle vesti di presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Un impegno raccontato nel suo ultimo libro scritto con Enrico Carloni, docente di Diritto amministrativo all’Università degli Studi di Perugia, al centro del dibattito a più voci, promosso dalla facoltà di Scienze politiche e sociali, che si è svolto martedì 11 dicembre all’Università Cattolica.
A dialogare con gli autori, dopo il saluto del rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli e l’introduzione della docente di Istituzioni di diritto pubblico Barbara Boschetti, sono stati Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio, Floriana Cerniglia, direttore del Centro di ricerche in Analisi economica e sviluppo economico internazionale (Cranec), Gabrio Forti, direttore dell’Alta Scuola “Federico Stella” sulla Giustizia Penale, Francesco Calderoni, Centro di ricerca Transcrime.
La corruzione in atti giudiziari è uno dei reati più gravi che si possano compiere in quanto viene a mancare la premessa che regge tutto il sistema, quella dell’incorruttibilità della legge.
Secondo Cerasa ci sono due scuole di pensiero sull’anticorruzione. La prima sostiene che non ci siano pene abbastanza severe per i colpevoli. La seconda, opposta, punta a combattere il fenomeno prevedendolo. Alla radice della lotta alla corruzione c’è la volontà di rendere l’Italia un Paese più efficiente, con ripercussioni sul sistema economico e burocratico e risultati come la crescita e lo snellimento delle procedure.
Ciò che risulta evidente è che nel nostro Paese, pur avendo un livello di corruzione in linea con gli altri Stati europei, c’è una percezione da parte del cittadino molto più amplificata.
Raffaele Cantone preme per combattere la corruzione a monte, organizzando le amministrazioni e la giustizia in modo da contrastarla preventivamente. Nel caso italiano, il presidente dell’Anac suggerisce che si parta dal settore informatico: la catalogazione delle informazioni è alla base di questo processo e per farlo è necessario un sistema di banche dati all’avanguardia.
Un altro passo da compiere è lavorare sugli snodi amministrativi, con la creazione di un sistema immunitario interno a ogni amministrazione che si sviluppi per prevedere e contrastare il fenomeno. Anche perché la repressione che funziona è quella che riesce a dare pene effettive ai colpevoli e a raggiungere tutti gli imputati.