di José Tolentino Mendonça *
La conversazione fra Gesù risorto e l’apostolo Tommaso (cfr. Gv 20,24-29), mille volte spiegata, continua a restare un enigma. Il fatto di non dominare del tutto quel testo è anche una garanzia che non lo abbiamo addomesticato, che il testo continua e continuerà a sfuggirci, a intrigarci, a farci tornare incessantemente su di sé, con l’impatto di un primo incontro o con l’intensità del sentimento che c’è fra due rivali.
E qual è il motivo del contendere? Quando gli altri discepoli dicono a Tommaso: «[in tua assenza] abbiamo visto il Signore», lui risponde: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Pone quindi come condizione per credere la conferma di due sensi: la vista e il tatto. Otto giorni dopo, quando riappare, il Risorto si rivolge direttamente a Tommaso, e gli permette di verificare con entrambi i sensi: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani. Stendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente!».
Quando Tommaso risponde, «Mio Signore e mio Dio!», Gesù aggiunge: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!». Una parte dell’enigma si trova in questa frase. Fino a qui si è parlato di due sensi, vista e tatto, ma in questo pronunciamento finale Gesù allude solamente alla vista. Di più, elogia il superamento della necessità di vedere per credere: «beati quelli che pur non avendo visto crederanno».
Dov’è andato a finire il tatto? Perché non viene più menzionato? Una soluzione è pensare che, vedendo e sentendo Gesù, lo stesso Tommaso non abbia fatto ricorso al tatto, nonostante Gesù gliene avesse dato la possibilità. Che non abbia avuto bisogno di andare fino in fondo ai suoi propositi per capire che si trattava effettivamente di Gesù. Siccome Tommaso non ha toccato Gesù, Gesù non ha toccato il tema del tatto.
Si tratterà solo di questo? In un incontro fra il Risorto e Maria Maddalena nel giardino dove si trovava il sepolcro (cfr. Gv 20,11-18), la questione del tatto ritorna. Gesù dice: Mè mou haptou (in latino noli me tangere, «non mi toccare», «non mi trattenere»).
Il filosofo Jean-Luc Nancy ha scritto un curioso saggio su questo passo, sostenendo che l’espressione “non mi toccare”, non significa soltanto questo, ma più letteralmente “che tu non voglia toccarmi” o “non pensare a toccarmi”.
Da un punto di vista più esistenziale significa: impara che toccare l’amore non significa niente più che accettare quello che ci sfugge dell’altro. È vivere senza la consolazione del trait-d’union, facendo esperienza dello spazio che si interpone fra l’io e il tu non come la separazione del lutto, ma come apertura pasquale.
Tornando a Tommaso: avrà toccato o no Gesù?
* da La mistica dell'istante. Tempo e promessa (Vita e Pensiero, 2015)
In alto: Caravaggio, Incredulità di San Tommaso - particolare (1600-1601), Bildergalerie di Potsdam