Riconoscere nel volto dell’altro i propri tratti umani aiuta a diminuire il favoritismo fazioso nei confronti del proprio gruppo e l’aggressività verso quello “nemico”. È quanto emerge dallo studio che lo Studentato Internazionale della onlus Rondine ha commissionato al Centro di ateneo Studi e ricerche sulla famiglia della Cattolica per validare il metodo utilizzato con i ragazzi ospiti.
Tre psicologhe sociali del Centro di Ateneo in questi giorni sono state in visita speciale all’Onu e all’ambasciata di Washington per presentare questa ricerca di valutazione.
Dallo Studentato Internazionale, cuore della onlus da cui si è sviluppata la Cittadella della Pace, è nato infatti il Metodo Rondine che dal 1998 ha portato alla convivenza di giovani provenienti da Paesi tra loro in guerra (ad esempio, russi e ceceni, israeliani e palestinesi). Questi giovani si incontrano e condividono insieme un percorso innovativo, partendo dagli esiti di dolore e di rabbia che la guerra ha prodotto - riscoperti come energie rinnovabili - ed elaborando un modello di trasformazione creativa.
Il metodo utilizzato da Rondine non era mai stato validato scientificamente, così all’inizio del 2017 il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia è stato incaricato di realizzare una ricerca che consentisse di valutare l’efficacia e gli esiti del percorso intrapreso sia da studenti dello Studentato Internazionale sia da studenti italiani che frequentano il quarto anno delle scuole superiori (denominato Quarto Anno d’Eccellenza) che possono trascorrere a Rondine un’esperienza internazionale (riconosciuta dal Ministero della Pubblica Istruzione) centrata sui temi del peacebuilding e della risoluzione dei conflitti.
Nel solco della tradizione del Centro di Ateneo, che dalla sua nascita si occupa di promozione dei legami in diversi contesti interpersonali, sociali e comunitari, lo studio è cominciato operativamente a gennaio 2017 e ha già prodotto diversi risultati di grande interesse che sono stati presentati alla Camera dei Deputati e pubblicati nel volume de Il Mulino Dietro il conflitto, oltre il nemico. Il «metodo Rondine», a cura di Luca Alici.
L’équipe di ricerca del Centro di Ateneo, coordinata dalla professoressa Raffaella Iafrate e composta dalla professoressa Anna Bertoni e dalla dottoressa Ariela Pagani è stata invitata ad accompagnare una delegazione di Rondine in USA per la presentazione del metodo all’ONU il 10 dicembre e per partecipare ad un tavolo di lavoro presso l’Ambasciata italiana a Washington il 13 dicembre dove sono stati presentati i risultati della ricerca di valutazione e si è tenuta la prima discussione internazionale sul Metodo Rondine alla presenza dei massimi esperti internazionali di conflict resolution e di peacebuilding.
Lo studio realizzato dal Centro di Ateneo ha cercato di rispondere a due questioni: se sia visibile un cambiamento nel modo in cui la persona percepisce se stessa e il proprio gruppo di appartenenza (ingroup) e se i sia riscontrabile un cambiamento di percezione rispetto al nemico e al gruppo nemico (outgroup).
La ricerca, i cui primi risultati sono basati su 13 studenti dello Studentato Internazionale e su 26 studenti del Quarto Anno d’Eccellenza, ha un impianto multi-metodologico e longitudinale e ha previsto una parte quantitativa condotta attraverso questionari self-report e una parte qualitativa condotta con focus-group e strumenti grafico-simbolici.
Ciò che emerge chiaramente dalle prime analisi è che, grazie al lavoro promosso da Rondine, diminuiscono sia il favoritismo fazioso verso l’ingroup, sia l’aggressività e il giudizio negativo nei confronti dell’outgroup: ingroup e outgroup si avvicinano riconoscendosi simili nei tratti umani, specie negli aspetti più fragili.
La ricerca conferma il motto di Rondine “Trovare una persona nel proprio nemico richiede di cominciare da se stessi”. Un progetto che mira a formare “costruttori di pace” che partono da storie di complessità e sofferenza, che si sperimentano sul difficile terreno della convivenza quotidiana, per approdare a una nuova consapevolezza che spinge al cambiamento del proprio punto di vista su di sé e su chi da sempre è stato considerato solo nemico da combattere e si scopre, invece, essere una “persona” con cui è possibile dialogare.