di monsignor Claudio Giuliodori *
Il brano dei discepoli in cammino verso Emmaus è affascinante e la narrazione è così coinvolgente da farci sentire partecipi come se fossimo presenti sulla scena. E forse è proprio questo l’intento dell’evangelista che non vuole solo raccontare un fatto che attesta la risurrezione del Signore, quanto piuttosto far sì che ci sentiamo direttamente coinvolti. Come non identificarsi con i due viandanti che si interrogano tra amarezze e speranze sulla cronaca e i fatti concreti della vita? Quanto vorremmo avere al nostro fianco il Signore che ci consoli e ci aiuti a capire che cosa sta succedendo e che cosa significhi per noi oggi la sua morte e risurrezione? E chi non desidera stare seduto a quel tavolo nella locanda per contemplare il gesto eucaristico dello spezzare il pane? Che bello sarebbe poterci dire anche oggi l’un l’altro che ci arde il cuore nel petto per la gioia di aver incontrato il Risorto!
Ma a ben vedere tutto questo sta accadendo qui e ora, grazie alla celebrazione eucaristica che ci pone nella condizione di poter rivivere esattamente l’esperienza dei discepoli di Emmaus. Anche noi siamo in cammino nella storia e ci interroghiamo sui destini dell’umanità alle prese con un vero e proprio cambiamento d’epoca. Guardiamo con apprensione alle tensioni e ai conflitti che lacerano territori e sconvolgono popolazioni in diverse parti del mondo. Vediamo il dramma e la sofferenza dei migranti in fuga dalle miserie e dalle violenze. Assistiamo, quasi impotenti, al crollo demografico e allo sfaldarsi della famiglia, mentre si afferma la cultura dello scarto, espressione di una mentalità individualista, selettiva e tecnocratica. Ci preoccupa la condizione dei giovani, soprattutto nel nostro Paese, alle prese con la mancanza di lavoro e la precarietà economica, ma soprattutto esposti al vuoto culturale ed esistenziale, mal compensato dalla frenesia e dall’invadenza dei social media.
Ma mentre camminiamo inquieti e smarriti, interrogandoci su questo scenario, non possiamo dimenticarci che il Signore cammina con noi e ci illumina con la sua Parola. Lui ci ascolta e ci ricorda che anche di fronte ai tanti segni di peccato e di morte, il cambiamento è possibile, se lo fondiamo sulla luce e la forza della sua risurrezione. È necessario però radicare il nostro pensiero e la nostra azione sulla fede nella potenza della risurrezione del Signore come dice San Pietro nella prima lettura: «Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire» (At 2,32-33).
Come non vedere anche oggi l’efficacia dell’azione dello Spirito del Risorto nei gesti eloquenti di dialogo, accoglienza, pacificazione e speranza posti continuamente da Papa Francesco e dalle comunità ecclesiali, come accaduto anche in questi gironi con il coraggioso e profetico viaggio in Egitto? Ci conforta la testimonianza di tanti cristiani che si fanno operatori di riconciliazione e di giustizia nelle zone di conflitto, fino al martirio, così come l’impegno generoso di tante comunità, famiglie e associazioni che aprono le porte all’accoglienza dei migranti. Ma un pensiero particolare va ai giovani a cui vorremmo manifestare tutto il nostro affetto e la nostra vicinanza perché sentendo il Risorto che cammina con loro possano affrontare il futuro con maggiore serenità e fiducia. Un importante gesto di attenzione e di incoraggiamento affinché contribuiscano concretamente a migliorare il mondo verrà certamente dal prossimo Sinodo dei Vescovi dedicato proprio ai giovani.
E un segno di speranza vuole essere anche la scelta di celebrare questa Eucaristia nell’aula magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in occasione della 93a Giornata Nazionale. Fedele alle sue origini e alla sua missione, l’Ateneo dei cattolici italiani con il suo patrimonio di storia, una comunità accademica accogliente e qualificata e una ricca offerta formativa, si pone al fianco delle nuove generazioni affinché possano acquisire quelle competenze umane, professionali e spirituali, indispensabili per affrontare le complesse sfide del nostro tempo. Il tema di questa giornata: “Studiare il mondo è già cambiarlo” traduce nella concretezza dell’impegno educativo, la valenza pedagogica di quell’affiancarsi di Gesù ai discepoli di Emmaus per aiutarli a decifrare la storia e le vicende umane, perché come dice Sant’Agostino: “Bisognava che il loro cuore maturasse nella scienza” (Discorso 232,3). Solo in forza di una qualificata formazione culturale, illuminata dalla fede, i giovani potranno diventare protagonisti geniali e creativi del cambiamento resistendo alla tentazione dell’indifferenza e dell’inerzia.
Come scrivono i vescovi italiani, oggi più che mai servono luoghi “dove sia possibile, attraverso una formazione seria e qualificata, porre le basi per un rinnovamento che si rifletta in tutti gli ambiti, e soprattutto in quelli che maggiormente orientano i cambiamenti come la politica, l’economia e la cultura”. Si tratta certamente di una grande impresa ma non impossibile per chi, come i discepoli di Emmaus, ha il cuore infiammato dalla parola e dalla presenza del Signore. Per questo ancora una volta anche noi diciamo con umiltà e fiducia: “Signore resta con noi”.
* Omelia dell’assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo in occasione della messa trasmessa in diretta su Rai Uno dall’aula magna della sede di Milano domenica 30 aprile, Giornata nazionale per l’Università Cattolica del Sacro Cuore