di suor Antonella Teresa Sincletica della Carità di Cristo

"Possiamo considerare la nostra anima come un castello fatto di un sol diamante o di un tersissimo cristallo, nel quale vi siano molte mansioni, come molte ve ne sono in cielo. Del resto, sorelle, se ci pensiamo bene, che cos'è l'anima del giusto se non un paradiso, dove il Signore dice di prendere le sue delizie? E allora come sarà la stanza in cui si diletta un Re così potente, così saggio, così puro, così pieno di ricchezze? No, non vi è nulla che possa paragonarsi alla grande bellezza di un'anima e alla sua immensa capacità!" (1M 1,1)
 
Mi faccio aiutare da questa frase, tratta dal Castello Interiore di Santa Teresa di Gesù, per tenere insieme due dimensioni della mia vita, quella di laureata in Economia e Gestione d’Azienda dell’Università Cattolica e quella di Monaca Carmelitana Scalza, apparentemente così lontane tra loro.

Sono Antonella Teresa Sincletica della Carità di Cristo, ho 35 anni e dal settembre 2014 vivo nel Carmelo di Via Spinazzi a Piacenza, a pochi passi dalla sede piacentina della Cattolica, dove nell’aprile 2009 ho concluso il mio percorso di studi discutendo una tesi dal titolo “Logiche e strumenti manageriali per la gestione del consenso politico”, scritta sotto lo sguardo attento e premuroso della professoressa Elena Zuffada.

Dicevo: l’economia e la vita monastica. Che legame c’è tra loro? Credo che il trait d’union tra le due sia proprio l’uomo e quell’immensa dignità che il Creatore ha voluto conferirgli chiamandolo a essere Sua dimora e a compiere un cammino di Unione con Lui.

Per me, cresciuta a pane, Azione Cattolica e oratorio in un piccolo paese, questa dignità è sempre stata qualcosa di normale, che, tradotto nella realtà quotidiana, significa un’inclusività che è il contrario di quella cultura dello scarto da cui Papa Francesco sempre ci mette in guarda. Quando è stato il tempo di iniziare a lavorare, mi sono dovuta confrontare con un aspetto a me sconosciuto: il fatto che il denaro potesse venire prima delle persone, della loro inclusione, della loro dignità. 

Ho scelto allora (ed è stata una grazia poterlo fare!) di mettere le mie competenze a servizio di un’economia diversa, lavorando come operatrice sociale presso la Caritas Diocesana di Piacenza-Bobbio ed il Consorzio di Cooperative Sociali Sol.Co. Piacenza, fino a fondare la Cooperativa Sociale di inserimento lavorativo “DES Tacum”, dove “DES” vuole indicare il tentativo di essere un centro di servizi per il Distretto di Economia Solidale. Nel mio piccolo ho scritto progetti e provato a creare occasioni affinché i più deboli ed emarginati potessero avere la possibilità di entrare o rimanere nel mercato del lavoro. Perché l’economia è e deve essere uno strumento: a servizio dell’uomo e della sua dignità (che, come Papa Francesco ama ricordare, passa per il lavoro e non per il denaro).

È in questo contesto che ho conosciuto Teresa e il Carmelo Scalzo. E non posso che considerare il mio ingresso in monastero e la vita che conduco oggi come qualcosa che è in continuità con il “prima”, fondato su quel “tu sei prezioso ai miei occhi” (Is 43,4) che ho sperimentato su di me e che mi ha portata ad incamminarmi alla sequela del Signore scoprendo che essa genera sempre più quella crescita nella propria umanità (o dispiegamento della propria unicità, per dirlo con Edith Stein), quella liberazione dell’uomo che Cristo è venuto a portare e, di conseguenza, sempre maggiore capacità comunionale, di far spazio all’altro, portatore della mia stessa dignità e guardato da Dio con lo stesso sguardo che Egli ha per me.

Sto scrivendo queste righe a poche ore dal termine del Convegno “Un'economia al servizio delle forme di vita contemplativa” (che si è svolto a Roma presso l’Aula Magna della Pontificia Università Antonianum dal 31 gennaio al 1° febbraio 2020), al quale ho preso parte in qualità di economa della mia comunità monastica. In quella sede ci è stato ricordato come i monasteri, nei secoli, abbiano svolto un ruolo essenziale per lo sviluppo dell’economia nei suoi vari aspetti: dalla rendicontazione contabile all’organizzazione del lavoro. Ancora una volta, mi trovo a mettere insieme queste due componenti della mia vita e a raccogliere la sfida perché la vita monastica sappia essere testimone nel mondo della reale possibilità di un modo di vivere diverso, davvero basato sulla dignità dell’essere umano (e, aggiungerei, di tutto il creato), che possa affermare - come ci ha detto suor Alessandra Smerilli - la necessità di stili di vita improntati alla sostenibilità economica, ambientale, relazionale e spirituale.

Mi sia permesso in questa sede un grande grazie al professor Andrea Perrone, alla professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi, al professor Marco Grumo, al dottor Giorgio Lamperti e a tutto il Centro Studi sugli enti ecclesiastici (Cesen) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per la loro opera di avvicinamento dell’economia al mondo monastico. E, per ciò che mi riguarda più direttamente, per avermi dato conferma dell’amicizia che lega economia e vita contemplativa.