Un evento formativo che offre agli studenti l’opportunità di discutere tematiche di bioetica e dilemmi morali al di fuori degli schemi tradizionali accademici. Ha preso avvio la quarta edizione del Laboratorio di Bioetica e Cinema, la rassegna del Centro di Ateneo di Bioetica. Alessandra Papa, membro del Comitato scientifico del Centro di Bioetica e curatrice del Laboratorio di Bioetica e Cinema, racconta come è nata questa iniziativa e quali sono le novità dell’ultima edizione.
«Sentivamo, come gruppo, l’esigenza di narrazioni diverse, che potessero coinvolgere anche emotivamente lo studente» spiega la professoressa Papa, che prosegue: «Ci sembrava che la formula cinematografica potesse funzionare e che, soprattutto, questa modalità di lavoro uscisse un po’ dalle secche della teoria. E così poi è stato. Abbiamo coinvolto il dipartimento di Scienze della comunicazione e dello spettacolo, che ci patrocina, e alla somma direi che siamo riusciti a sperimentare un modo diverso di fare aula, condiviso e partecipato». Solitamente alla visione del film segue, infatti, una short lesson, in cui si affrontano i dilemmi morali che fanno da ordito alla pellicola, un modo di fare ‘gruppo’ molto apprezzato dagli studenti.
Quest’anno si analizzeranno tre fronti filmici molto diversi, per narrazione e linguaggi, ma comunque intimi e politici a un tempo. Si parte il 1° marzo con “Risvegli” di Penny Marshall, quindi il 5 aprile con “Una sconfinata giovinezza” di Pupi Avati e si chiude con “Se mi lasci ti cancello” di Michel Gondly.
«A fare da filo rosso è il tema della memoria e del ricordo; in “Risvegli” si parla di catatonia e nel film di Avati di Alzheimer. Più psicologico, invece, il terzo film. Ma non sono pellicole che lasciano l’amaro in bocca: “Risvegli”, per esempio, si chiude con il piacere di una tazzina di caffè» osserva Alessandra Papa. Dalla medicina di frontiera, ai racconti di malattia. Dai valori in conflitto, alle tesi etiche.
Gli scorci cinematografici aperti in questi anni sono stati i più diversi. «Abbiamo puntato su pellicole di culto; lo scorso anno per esempio l’intera rassegna è stata dedicata ai ciak di Nanni Moretti. E comunque si è puntato sempre sull’esperienza filmica estetica ed etica, prendendone a prestito il linguaggio letterario e artistico, per arrivare a trattare di questioni bioetiche ed esistenziali di forte dibattito».
Inevitabile il confronto con l’attualità della cronaca: «In questi anni nel nostro laboratorio abbiamo toccato i temi più diversi: eutanasia, suicidio assistito, aborto, malattia, consenso informato, autonomia decisionale, disabilità, human enhancement. E quindi inevitabilmente temi filosofici in senso stretto quali la morte, la verità, la libertà». Temi scomodi, che dividono.
«D’altra parte il nostro impegno, in aula, è stato quello di uscire dai cronachismi dei media, talvolta fin troppo semplificati o sloganistici, tentando di fare – per quanto possibile – chiarezza; o più semplicemente il compito che ci siamo dati, di volta in volta, come bioeticisti è stato di riflettere su quelli che sono i rischi dell’esposizione della persona a una medicina sempre meno “sapere artistico” e sempre più decisa da modelli “iatrotecnici”».
Gli obiettivi per il futuro? «Continuare a ritagliarci, con il nostro laboratorio, uno spazio per le domande di senso. Sufficit!»
Ilaria Mauri