di Bruno Maggioni *
Croce e lieta notizia sembrerebbero due realtà del tutto opposte. Invece sono unite, purché si comprenda la croce in tutta la sua verità. Paradossalmente la croce è il luogo più denso, del tutto inaspettato, della lieta notizia. Certo se si riduce la croce al “prezzo” che il Figlio ha pagato al Padre per riparare i peccati dell’uomo, finendo – di conseguenza – con insinuare l’idea di un Dio “giusto al modo degli uomini”… allora difficilmente si potrà parlare della croce come di una lieta notizia. Ma la croce, proprio a partire dal suo aspetto di riparazione sostitutiva, evidenzia (questo è il punto!) la solidarietà di Dio nei nostri confronti. Con noi Dio si è comportato come il parente che si prende personalmente a carico la sorte del fratello. Il punto di vista corretto per osservare la croce di Gesù non è, anzitutto, quello della giustizia divina che deve essere soddisfatta, ma quello di un Dio che è disponibile a soddisfarla per noi. Osservata da questo lato, la croce è la rivelazione massima e inaudita della solidarietà di Dio nei confronti dell’uomo.
La croce è lieta notizia perché in essa Gesù ha risposto alla domanda che ci ha accompagnato nella nostra lettura biblica dall’inizio alla fine, e che da sempre accompagna la storia dell’uomo. Ma ha risposto a modo suo. Ha risposto riproponendo la domanda. Ai piedi della croce tutti deridono il Crocifisso. Il contrasto fra le precedenti pretese avanzate da Gesù e la sua evidente incapacità di scendere ora dalla croce fa ridere. Fa ridere la sua pretesa di essere Messia. L’unica prova che renderebbe credibili le sue pretese è di salvare se stesso. E di fatti questa è la sfida che lanciano contro di Lui: «Salva te stesso» (Mc 15,29-32). Ma Gesù non accetta la sfida, perché non vuole identificarsi con il loro schema messianico, neppure per rendersi credibile. Nel rimanere di Gesù sulla croce tutti i presenti non vedono il dono di sé, ma l’impotenza, come esplicitamente dicono i sacerdoti: «Non può salvare se stesso» (Mc 15,31). Non pensano che Gesù possa essere un Messia che non scende dalla croce per amore.
Invece sta proprio qui – nel dono di sé, nel non salvare se stesso – la verità di Gesù, trasparenza della verità di Dio. Il Figlio di Dio è rimasto sulla croce perché non ha voluto aggirare lo scandalo che accompagna la vita dell’uomo e il corso della storia. Vi si è invece addentrato più di ogni altro, facendo propria l’impotenza dell’amore che sembra metterne in discussione la verità. Se l’amore è la verità di Dio, perché troppe volte lo si sperimenta sconfitto e improduttivo? Di questo scandalo la croce è l’immagine ingigantita, non la cancellazione. Ma è anche il superamento, purché si comprenda che Gesù ha salvato gli altri proprio non salvando se stesso, e che ha risposto alla domanda condividendola. Rimanendo fermo e silenzioso sulla croce, Gesù ha condiviso l’esperienza più dolorosa dell’uomo, al quale troppe volte sembra che la via di Dio non mantenga ciò che promette. Con la sua croce il Figlio di Dio si è inserito nel centro della contraddizione, nel punto più delicato, ma anche il più vero, dell’uomo e del suo cammino.
* da Bruno Maggioni, Annunciava loro la Parola. Percorsi nel Nuovo Testamento, a cura di Matteo Crimella – Marco Cairoli, Vita e Pensiero, Milano 2018, pp. 246-247.