Le malattie cardiovascolari (soprattutto infarto cardiaco ed ictus cerebrale) restano sempre la principale causa di morte, sia per l’invecchiamento della popolazione che per un’inefficace prevenzione. In particolare, l’epidemia di obesità estesa a tutto il pianeta, con il conseguente aumento di diabete, ipertensione e dislipidemia, ha vanificato i progressi fatti negli ultimi decenni con la scoperta di nuove terapie.
La sostanza in questione è l’obestatina, il cui nome deriva dalla contrazione tra obeso (dal latino obedere, che significa divorare) e statina (dal greco stasìs, che significa arresto). Tale nome le è stato attribuito perché, al momento della sua scoperta risalente a circa un decennio fa, l’obestatina era sembrata in grado di sopprimere il senso di fame ed aumentare quello di sazietà, attraverso un rallentato svuotamento dello stomaco. Anche se questo effetto anoressizzante dell’obestatina rimane controverso, lo studio dei ricercatori romani, il primo ad averne testato gli effetti nella circolazione umana, ne dimostra chiaramente i benefici a livello delle arterie.
«Questo studio - conclude il professor Carmine Cardillo, che insieme alla dottoressa Francesca Schinzari ha coordinato il gruppo dell’Università Cattolica - ha l’indubbio merito di aver dimostrato che, intervenendo in fase precoce, è possibile prevenire il danno vascolare indotto dall’obesità mediante l’utilizzo di strategie mirate a ripristinare un corretto funzionamento delle arterie».
È noto da tempo che un danno dell’endotelio, lo strato più interno della parete arteriosa a diretto contatto con il sangue che vi scorre, rappresenta il primo stadio di un processo che nel corso degli anni può portare alla formazione delle placche aterosclerotiche, con le conseguenti malattie cardiovascolari. Tale danno si manifesta con una ridotta produzione endoteliale di sostanze ad azione vasodilatatrice, in particolare l’ossido nitrico, ed un aumentato rilascio di sostanze dannose, come l’endotelina, un potente vasocostrittore.
Nello studio, realizzato grazie al supporto della Fondazione Roma, l’obestatina si è mostrata in grado di aumentare la produzione arteriosa di ossido nitrico, sia in soggetti magri che obesi; in quest’ultimo gruppo, l’obestatina ha anche diminuito il rilascio di endotelina, dimostrando pertanto una duplice azione benefica. Questo effetto favorevole dell’obestatina nelle arterie dei pazienti obesi assume particolare rilevanza alla luce di altri dati, che evidenziano un suo effetto anche nel migliorare il metabolismo degli zuccheri e dei grassi, correggendo pertanto quelle anomalie metaboliche di frequente riscontro nell’obesità ed alla base della comparsa di diabete.
«L’obestatina è una molecola di grande interesse biologico, in quanto origina, prevalentemente nell’apparato gastro-intestinale, da un precursore comune ad un’altra sostanza, la grelina, che al contrario aumenta il senso di fame inducendo l’ingestione di cibo. È possibile quindi ipotizzare - sostengono i professori Manfredi Tesauro e Nicola Di Daniele dell’Università Tor Vergata - che modificando il rapporto tra queste due sostanze a favore dell’obestatina sia possibile ottenere nei soggetti obesi anche un calo ponderale».