Due scuole, oltre 700 bambini sottratti alla strada, una mensa, una cucina e una dura lotta contro l’emarginazione. Sarebbero sufficienti questi risultati a suor Hirut Tadesse Mekonnen per essere soddisfatta. Invece no, non basta. Ed ecco che allora si costruisce una trivella, si cerca e si trova acqua per oltre 6mila persone e si progetta la costruzione di un piccolo ambulatorio. Nata in Etiopia, suor Hirut fa parte della Congregazione delle Suore della Divina Provvidenza per l’Infanzia abbandonata, la comunità religiosa fondata a Piacenza da mons. Torta.
E proprio grazie alla sua congregazione che suor Hirut è potuta partire per l’Italia. Appena arrivata prima consegue la maturità magistrale (il titolo di studio rilasciato in Etiopia non è riconosciuto dal nostro Paese) poi si iscrive alla facoltà di Scienze della Formazione della Cattolica di Piacenza dove consegue prima la laurea triennale in Scienze dell’Educazione (2003)e poi quella magistrale in Progettazione pedagogica e interventi socio-educativi (2005). Un percorso di studi decisamente brillante grazie al quale suor Hirut ha potuto ottenere cinque borse di studio e il premio per la miglior tesi specialistica. Un lavoro, quest’ultimo, in cui suor Hirut ha raccontato il ruolo della donna nella società etiope attraverso le pratiche tradizionali. Un microcosmo dove trovano spazio elementi che esaltano il genere femminile all’interno della società ma anche usanze decisamente nocive come le mutilazioni genitali e i matrimoni precoci.
«È stata un’esperienza bellissima – racconta suor Hirut - non ho problemi nel dire che questa città è la mia seconda casa. Qui sono stata accolta molto bene da tutti. In un primo momento volevo studiare medicina ma poi mi sono indirizzata su Scienze della Formazione, una facoltà in cui mi sono trovata benissimo. Fin dalla partenza per l’Italia la mia prospettiva era quella di studiare fuori per poi rientrare in Etiopia e mettere in pratica quanto imparato». E suor Hirut non ha perso tempo. Grazie al supporto della Fondazione Fondiaria Sai la missionaria ha fondato due scuole materne a Fonko e Lareba due villaggi alla periferia di Hossana, a circa 230 km dalla capitale Addis Abeba. Un progetto che ha coinvolto oltre 700 bambini, in gran parte femmine, e che ha permesso a molti di loro di accedere alle scuole elementari: «Lo scopo principale- spiega suor Hirut – è quello di togliere questi bambini dalla strada. Garantendo loro un pasto al giorno siamo riusciti ad avvicinarli e a trattenerli. Un altro obiettivo che ci siamo prefissati è quello dell’integrazione dei bambini ‘Vasai’, una minoranza emarginata e disprezzata dal resto della popolazione. Si tratta di un gruppo di persone che si guadagnava da vivere costruendo contenitori di vario tipo seguendo il metodo tradizionale. Ma oggi con l’avvento della plastica nessuno compra più i loro prodotti e pur continuando a lavorare per sopravvivere sono costretti a mendicare. Inoltre queste persone vivono e lavorano in ambienti sporchi e in condizioni sanitarie drammatiche. All'inizio è stato difficile far accettare i bambini ‘vasai’ dai loro coetanei. Grazie all’acqua che riusciamo a fornirgli ora riescono a tenersi più puliti e con l’introduzione della divisa siamo riusciti a mettere tutti i bambini sullo stesso piano. Oggi posso dire che il livello di integrazione raggiunto è decisamente soddisfacente».
Il successo del progetto ha però portato a nuovi, prevedibili, problemi: «L’elevato numero di bambini accolti - spiega suor Hirut - ha creato oggettive difficoltà di gestione. Grazie al provvidenziale aiuto economico della Fondazione Fondiaria SAI che ha continuato a finanziare i nostri progetti siamo riusciti a superarli, a terminare la mensa e la cucina, e a costruire un lavatoio, una vasca per dare da bere al bestiame e una fontana per la popolazione locale». Ma non finisce qui, suor Hirut è una donna davvero infaticabile, come un progetto comincia a realizzarsi subito ne progetta un altro. Gli ultimi due, in ordine di tempo, riguardano la realizzazione di un pozzo e di un piccolo ambulatorio: «Per quel che riguarda il pozzo i lavori sono in una fase avanzata e speriamo di concludere presto. Le operazioni di trivellazione, che sono riuscite a scovare l’acqua a oltre 200 metri di profondità, sono già state effettuate grazie alla generosità di alcuni donatori privati che hanno coperto le spese, circa 33mila euro, tuttavia – spiega suor Hirut –per far funzionare il pozzo occorrono altri 10mila euro, necessari per acquistare la pompa e l’allaccio elettrico. L’altra opera che abbiamo intenzione di realizzare prevede invece la costruzione di un piccolo ambulatorio. Una struttura necessaria per poter curare tutta una serie di problemi che sono comuni (diarrea, problemi dermatologici, malnutrizione) nei bambini che frequentano la scuola».
Suor Hirut è tornata a Piacenza per promuovere il suo ultimo progetto ma soprattutto per tornare ad abbracciare amici, consorelle e docenti che l’hanno accompagnata nell’avventura in Cattolica. Una grande emozione. E subito affiorano i ricordi: «Quando si arriva in una nuova realtà c’è sempre un certo impatto. Pensate che appena entrata all’università non riuscivo nemmeno a trovare l’aula della mia prima lezione. Di quel giorno però ricordo ancora con piacere le parole pronunciate dalla prof.ssa Caforo; “Il primo incontro produce sempre uno scontro”. Una frase che si adattava perfettamente a quello che stavo vivendo. Al termine della lezione la professoressa mi fermò, chiese da dove venivo e mi incoraggiò. E’ stato molto bello, mi sono sentita veramente accolta».
«Un altro momento che ricordo con tenerezza – rivela - è quello del mio primo pranzo universitario. Avevo una bottiglietta d’acqua e un panino ma non li toccai nemmeno. Per me, mangiare su una panchina, da sola, era una situazione insolita e imbarazzante. Questo perché in Etiopia è abitudine comune (ora un po’ meno) mangiare tutti insieme per spezzare e condividere l’enjera, una specie di frittella molto popolare nel mio Paese. Ma è stato un disagio passeggero – dice sorridendo- poi fortunatamente ho mangiato tranquillamente anche da sola!». Ora suor Hirut è tornata a casa e difficilmente mangerà da sola, ci sono oltre 700 bambini a farle compagnia...