Sono 4 milioni i bambini rifugiati tra i 5 e i 17 anni e 11 milioni i migranti internazionali. E dal 2016 i ragazzi rifugiati in altri Paesi hanno perso complessivamente 1,5 miliardi di giorni di scuola per via della loro condizione. Si calcola che nei prossimi anni, nel solo Venezuela si sposteranno circa 3 milioni di persone, perché nel loro Paese non si riesce ad offrire delle strutture adeguate, senza dimenticare tutte le problematiche legate alla politica e ai problemi sociali.
“Serve dare una risposta concreta e globale ai bisogni educativi dei rifugiati, per garantire loro il diritto all’istruzione”: è sulla base di queste parole che si fonda il Rapporto mondiale di monitoraggio dell’educazione 2019 dell’Unesco “Migrazioni, spostamenti forzati ed educazione”. Presentato già a Parigi e a Roma, è stato illustrato ufficialmente a Milano nella Giornata internazionale dell’Infanzia del 28 novembre. Focus del Rapporto sono le strategie adottate e i processi messi in atto per favorire l’integrazione nei paesi ospitanti.
Promosso dal Centro di ricerca sulle relazioni interculturali dell’ateneo, insieme alla facoltà di Scienze della formazione, l’evento è stato aperto dal rettore Franco Anelli, e dal preside della facoltà di Scienze della formazione Luigi Pati.
«È un momento globale particolarmente significativo» sottolinea la professoressa Milena Santerini, direttore del Centro di ricerca e organizzatrice del convegno. «L’intercultura non è una materia o una misura speciale ma una dimensione integrante dell’educazione che potremmo definire di seconda generazione poiché il 60% dei 208.000 studenti di cittadinanza non italiana delle scuole lombarde sono nati qui e perché considera la capacità di gestire la differenza etnica, di genere, dei gruppi sociali come la garanzia di qualità della scuola».
Il Rapporto vuole porsi come fotografia del quadro globale. La missione dell’Unesco pone l’accento sull’educazione, l’istruzione e la cultura. Un altro principio chiaro si identifica nel sottotitolo del Rapporto: “Building bridges not walls”, “costruiamo ponti non muri”.
«Le migrazioni non sono un fenomeno isolato nato qualche anno fa, ma riguardano l’intera storia dell’umanità» afferma Stefania Giannini (nella foto), vice direttrice dell’Unesco. «E se le politiche educative sono inclusive e si aprono le porte delle scuole ai bambini migranti la società sarà meno a rischio di tensioni sociali».
Come ci tiene a precisare ancora l’ex ministro della Pubblica istruzione, dietro i numeri ci sono delle persone: per questo è importante riuscire a dare all’individuo quella centralità che viene purtroppo a mancare in determinate occasioni: la lingua, uno degli strumenti di inclusione della persona più potenti ed efficaci, può trasformarsi in uno strumento di esclusione, in una barriera invalicabile, se alla base scolastica manca un’istruzione e una regolamentazione adeguata. Uno dei dati presentati riguarda appunto il tasso di abbandono scolastico dei migranti, che si attesta al 19%: quasi il doppio rispetto agli studenti nati in Europa (10%).
Non mancano, per fortuna, le esperienze positive. «Milano - conclude Stefania Giannini - è un modello citato dall’Unesco per l’inserimento nella scuola dell’infanzia e l’attenzione all’integrazione dei bambini di cittadinanza non italiana nella scuola dell’obbligo. In Lombardia c’è bisogno di riaffermare il diritto allo studio anche a livello dei servizi comunali come le mense e i trasporti».