di Matteo Stefanelli *
Nelle sue immagini surreali, spesso formicolanti di uomini e donne paffute o di animali buffamente sproporzionati, Mordillo ha raccontato temi tanto ordinari quanto eterni: le complicate relazioni tra i sessi, la stramba meraviglia del mondo animale, l’assurda spassosità dello sport, la divertente passione del sesso. E per renderli occasioni comiche ha usato ben pochi ingredienti: la forza del paradosso e la gioia del colore, creando un inconfondibile contrasto tra i suoi personaggi - i soli elementi in bianco e nero - e i più diversi scenari delle sue gag disegnate.
Morto a 86 anni a Mallorca, dove si era stabilito dopo una vita da globetrotter tra Argentina (dove era nato nel 1932 a Buenos Aires - stesso anno di Quino e Sempé, come amava ricordare), Perù, Stati Uniti, Francia, Spagna e Principato di Monaco, Mordillo è stato non solo uno dei fumettisti e illustratori più stampati di sempre, ma uno dei più straordinari esempi di “umorista grafico” dell’ultimo secolo. Diventato celebre negli anni Settanta, dopo la sua migrazione di ritorno in Europa (i genitori erano spagnoli emigrati in Sud America), aveva coltivato la passione per il disegno sin da bambino, insieme a quella per il calcio, ispirato da Buster Keaton, Charlie Chaplin e Walt Disney e con il sogno di diventare un clown. Ma nell’Argentina del secondo Dopoguerra, i suoi sogni non erano del tutto a portata di mano.
Dopo i primi anni spesi a illustrare narrativa per bambini, e a coltivare il desiderio di diventare un animatore creando un piccolo studio di produzione, negli anni Cinquanta fugge dal Paese ormai sotto la dittatura e passa a disegnare soprattutto per la pubblicità, producendo per conto di McCann Erickson montagne di biglietti di auguri. Nel 1960 tenta la fortuna a New York presso Paramount, lavorando ai cartoni animati di Braccio di Ferro e Little Lulu. Ma è dopo l’arrivo a Parigi nel 1963, e grazie a una vignetta pubblicata sul settimanale cattolico “Le Pèlerin” nel 1966 - la sua prima gag “muta”, priva di testo per ovviare alla sua scarsa conoscenza del francese - che arriva il successo sulla stampa internazionale: “Paris Match”, “Der Stern”, “Elle”, “Lui”, “Pif Gadget” e centinaia di altre, anche in Italia, da “Il Mago” al “Guerin Sportivo”.
Negli anni Ottanta il suo stile è ormai un marchio di fabbrica: il licensing esplode e Mordillo invade quaderni, agende scolastiche, puzzle, biglietti di auguri, calendari, candele, pupazzi, calzini, cravatte, asciugamani, magliette - e cartoni animati, naturalmente. Nel frattempo avvia una vasta produzione di libri sui suoi temi prediletti, dalle celebri giraffe alla vita di coppia, al calcio, al golf, le cui prefazioni sono firmate di buon grado da alcuni giganti della cultura e dello spettacolo: Marcel Marceau, Jane Birkin, Pelé, Giovanni Mariotti.
I suoi personaggi erano e rimangono facilmente riconoscibili: non hanno orecchie, la bocca è visibile solo quando aperta, hanno un solo taglio di capelli. Le situazioni in cui si trovano sembrano spesso senza via di uscita, eppure riescono a viverle con un sano misto di stupore e dignità, o quella che lui stesso ha chiamato una “gentilezza della disperazione”. Tra le immagini più celebri: un campo da calcio oltre il cui perimetro c’è il nulla, un enorme precipizio, quasi a dire che il calcio è un mondo autosufficiente, ma a discapito della possibilità di uscirne (vivi?); e una casetta colorata, che spicca nel panorama urbano di una cittadina tutta di casette grigie, ma il cui abitante viene prelevato dalla polizia. La diversità, in un mondo conformista, può essere un atto intollerabile alle autorità.
Come degli Adamo ed Eva giocosi e bonsai, i suoi personaggi sono spesso posti di fronte al problema della fuga dalla realtà: le ridicole strategie che elaboriamo per sedurre o comunicare il nostro amore, le aspettative smisurate che nutriamo verso le tecnologie, la concentrazione che mettiamo negli sport illudendoci che basti a farci vincere… Solo gli animali non commettono “errori”, e infatti nell’umorismo dell’autore argentino sono i soggetti più buffi, divertenti già per le forme eccessive: giraffe dai colli interminabili, tori dall’aria fiacca e scocciata, elefanti obesi e goffi. Pantomima pura, dai toni senza dubbio bonari.
“Abbiamo bisogno dell’umorismo” ha detto Mordillo: “Serve per esorcizzare la paura ancestrale del non sapere perché siamo qui e dove stiamo andando. È la medicina contro l’angoscia esistenziale di ogni uomo, la difesa contro il senso di vuoto dell’attualità”. I suoi personaggi sono infatti perlopiù dei solitari che, loro malgrado, devono affrontare le più dure o assurde sfide. Se ne usciranno vincitori o vinti non è dato sapere, ma quel che possiamo vedere nei suoi disegni è che le affronteranno, grazie a quelle forme tondeggianti, quasi come se stessero rimbalzando di esperienza in esperienza: senza mai perdersi d’animo, con un’energia allegra, forse - speriamo - contagiosa.
* docente di Linguaggi audiovisivi alla facoltà di Scienze politiche e sociali e direttore di Fumettologica