Un piano triennale per contrastare la povertà assoluta. La proposta, assolutamente bipartisan, arriva dall’Associazione dei lavoratori cristiani italiani (Acli), nell’anno europeo della lotta all’indigenza e all’esclusione sociale. Per presentarla le Acli hanno scelto l’Università Cattolica di Milano, dove dall’8 al 10 aprile più di 800 delegati si sono riuniti per la conferenza organizzativa e programmatica dal titolo “Sentinelle del territorio, costruttori di solidarietà”. A elaborare il piano 2010-2013 un gruppo di esperti, coordinato da Cristiano Gori, docente di Politiche sociali all’Ateneo di largo Gemelli, che ha rivisto e corretto la social card governativa, per trasformarla in una misura universalistica di lotta all’indigenza. «La politica italiana è tradizionalmente disattenta verso i poveri - ha detto il presidente delle Acli Andrea Olivero -. Se si escludono le sperimentazioni, le prestazioni una tantum e gli interventi di alcune Regioni, la social card ha rappresentato, pur con tutti i suoi limiti, la prima misura nazionale introdotta in Italia contro la povertà. Il nostro obiettivo, dunque, è potenziare lo strumento voluto dal governo, correggendone i limiti e migliorarne l’applicazione».
Nel concreto la proposta delle Acli prevede un aumento del contributo governativo da 40 a 133 euro medi (pari a 1.600 euro annui), che consentirebbe un incremento medio del 23% del reddito per le famiglie beneficiarie. L’associazione stima una spesa aggiuntiva di 665 milioni di euro all’anno fino al 2013 (una cifra pari allo 0,04% del Pil). «L’idea è ampliare entro tre anni l’utenza della social card - ha continuato Olivero - e raggiungere l’intero universo delle famiglie che vivono in condizioni disperate, pari a circa un milione di nuclei (4,2%) e a 2,4 milioni di persone». Non si tratta solo di prestazioni monetarie. La social card targata Acli sarebbe integrata da servizi di cura alla persona. «Ecco perché diventa cruciale il ruolo di comuni, regioni e Terzo settore - ha osservato Olivero -. Il nostro sistema avrà bisogno di modificarsi in relazione alla riforma federalista». Non a caso prerogativa della proposta Acli è l’equità territoriale. «L’importo verrà graduato in base al territorio e in linea con le rilevazioni Istat - ha spiegato il professor Cristiano Gori -. E, trattandosi di una misura universalistica, sarà aperto anche alle famiglie immigrate. Stiamo infatti cercando di individuare i giusti vincoli per il suo accesso, anche per evitare che sia utilizzato in maniera impropria».
Al di là del piano 2010-2013 contro la povertà, sono stati anche altri i temi al centro della conferenza programmatica delle Acli, che si è aperta con l'introduzione del presidente delle Acli e i saluti del rettore dell’Università Cattolica Lorenzo Ornaghi. Tra questi, la riforma del modello organizzativo per rafforzare la presenza sui territori; l'integrazione dei servizi con le attività associative; il ruolo prioritario della formazione per la crescita degli "aclisti" sul piano dei valori e delle competenze. Nel suo intervento Andrea Olivero ha ricordato la missione che contraddistingue le associazioni cattoliche, ovvero quella di curare la comunità, animare la politica, essere sentinelle per la Chiesa e servire i poveri di beni tanto materiali quanto relazionali. Ancora il presidente delle Acli ha invocato una riforma del lavoro, per completare quanto cominciato dall’economista Marco Biagi, introducendo uno Statuto dei lavori che riduca la precarietà. Sul fronte del Terzo settore, invece, ha posto la necessità di prestare maggiore attenzione al mondo non profit, anche con l’aiuto di nuove riforme, a partire da quella del Libro primo del Codice civile. Una posizione pienamente condivisa dal rettore Ornaghi, secondo cui sono maturi i tempi per una riforma auspicata da anni. «Sul versante di una maggiore attenzione pubblica - ha precisato il rettore -, si sono registrati in Italia e all’estero alcuni segnali incoraggianti. In particolare, sul fronte europeo si sta prendendo atto della dimensione significativa assunta dal Terzo settore, che può considerarsi uno tra gli ambiti più operosi e vitali dell’economia, anche sotto il profilo dell’inclusione lavorativa di categorie svantaggiate: disabili, donne, stranieri, giovani e il cui sviluppo, secondo misurazioni recenti, ha prodotto circa il 5% del Pil dei 27 stati membri».
Un ruolo significativo, quello svolto dal non profit sul territorio, che forse presto anche in Italia potrebbe avere il suo giusto riconoscimento. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano, intervenuto alla conferenza, ha annunciato l’avvio di una riforma. «Per quanto da 20 anni si continui a parlare di sussidiarietà, abbinandola al tema della solidarietà, non si è riuscito ad affermare per via legislativa che la sussidiarietà è il modo migliore per declinare la parola libertà. È il modo migliore per affermare che lo Stato deve fare solo ciò che i cittadini non possono fare e che i cittadini possono fare tutto ciò che riescono a fare meglio dello Stato».