Come diventare ricchi in Africa? Una provocazione, un sasso lanciato nello stagno senza ritirare la mano. Questo l’intento di Massimo Alberizzi, inviato del Corriere della Sera che, nell’aula Borsi di largo Gemelli a Milano, ha intrattenuto la platea di studenti con aneddoti curiosi svelando molti retroscena sulla sua professione.
Alberizzi, nell’incontro organizzato dalla facoltà e dal dipartimento di Scienze politiche e promosso da Beatrice Nicolini, docente di Storia e istituzioni dell'Africa, ha chiarito perché l’Africa non riesca ad avere uno sviluppo sano ed eterogeneo sviluppo: «Sull’Africa il mondo ha sempre speculato. Prima il colonialismo ottocentesco, poi il totale sfruttamento delle risorse minerarie, oggi l’invasione cinese». Proprio quest’ultimo punto si presta a una serie di considerazioni: «La Cina ha letteralmente invaso il continente nero con un’intraprendenza economica devastante».
«Ho coniato un detto “Dietro ad ogni baobab si nasconde un ristorante cinese”. Le attività gestite dagli orientali si trovano ovunque. Forti di una liquidità solidissima sono in grado di sgretolare qualsiasi concorrenza. La Cina, in Africa, sta producendo ricchezza in maniera immorale, usando la corruzione per accaparrarsi fabbriche e attività di qualsiasi genere. I cinesi sono riusciti a ottenere ettari ed ettari di terreno: questa è l’alba di una nuova era di colonialismo selvaggio».
L’influenza cinese si sta manifestando anche con il cambio di abitudini alimentari: «In Africa la popolazione ha cominciato a consumare riso, segno tangibile che, ormai, quella della Cina è un’invasione totale. In verità questa politica è distruttiva del tessuto sociale africano». In Africa è esploso il mercato della telefonia mobile e in certi Stati vengono venduti cellulari più che in Europa: «Quella dei telefonini - continua l’inviato del Corriere - è una tecnologia a bassissimo costo che ha in compenso un redditività enorme: le compagnie arabe, in questo settore, la stanno facendo da padrone».
Il motivo per cui l’Africa non riesce a spiccare il volo verso il definitivo sviluppo potrebbe sembrare banale, ma non lo è. Secondo Alberizzi «molti Stati mancano di un training culturale, dato che moltissimi progetti vengono iniziati e mai ultimati. Alcuni Stati hanno mantenuto l’organizzazione imposta dai Paesi colonizzatori dell’Ottocento, ma la maggior parte di essi si ritrova nella più completa anarchia organizzativa. L’unica soluzione è che i Paesi più sviluppati diano una vera mano all’Africa. Ma, solitamente, chi decide di aiutare il Continente nero non lo fa mosso da motivazioni filantropiche».
C’è anche un’altra piaga, in quest’Africa depredata. La “fuga dei talenti” verso altre nazioni che possono garantire un’istruzione di maggior spessore: «L’emergenza educativa in Africa - conclude Alberizzi - sembra ricalcare quello che succede oggi in Italia dove i giovani decidono di studiare all’estero in realtà molto evolute. Il problema è che al termine degli studi si stabiliscono definitivamente nel Paese dove hanno studiato, dimenticando le proprie origini e decidendo, in definitiva, di non portare un apporto concreto alla crescita del Paese natale». Trasformare l’Africa in una realtà autonoma, libera da speculazioni e corruzione, per l’inviato del Corriere della Sera, non è una chimera ma un obiettivo possibile. A patto di valorizzare i giovani africani, le loro speranze, le loro capacità.