Il professor Giuseppe Bertoni lascia l’Università Cattolica. La facoltà di Agraria ha scelto di non organizzare particolari celebrazioni per festeggiare l’uscita di ruolo, a partire dal 1° novembre, del direttore dell'Istituto di Zootecnica della sede piacentina, ma di organizzare come saluto una giornata di elevato livello scientifico, che si è tenuta lo scorso 27 ottobre nella sala Piana.
Una carriera prestigiosa quella di Bertoni, che si è svolta tutta nell'ambito della facoltà di Agraria di Piacenza: laureato in Scienze Agrarie nel 1965 (in quattro anni ed un mese, ricorda con orgoglio), assistente volontario dal '65 al '68, poi incaricato dal '69 al '73, e quindi assistente ordinario di Zootecnica speciale. É professore di ruolo dal 1983 e attualmente è titolare del corso di Fisiologia animale e di Fisiologia della Nutrizione. Ha contribuito, inoltre, a metter a punto il Profilo Metabolico Piacenza per la diagnosi di errori alimentari nei bovini, ovini e bufali da latte.
La sua attività di ricerca è corredata di oltre 450 lavori a stampa, di cui oltre 350 a carattere sperimentale, e ha riguardato principalmente la valutazione delle caratteristiche chimico-nutrizionali degli alimenti per ruminanti, lo studio del metabolismo ruminale, la nutrizione minerale dei ruminanti, l'endocrinologia dei ruminanti con particolare riguardo alle interconnessioni con l'alimentazione e le ripercussioni in termini di produzione e qualità del latte nonché nei suoi collegamenti con la fertilità e lo stato di salute delle lattifere.
Dal 1996-97 è direttore dell'Istituto di Zootecnica, incarico a cui gli succederà Paolo Ajmone Marsan, «uno studioso - commenta Bertoni - di fama mondiale nella genetica, futuro della ricerca». Lo studioso ha sempre abbinato ricerca e attività didattica, ma provenendo da una famiglia di agricoltori («ho studiato perché poi volevo tornare alla terra e all'allevamento»), ha conservato un pragmatismo operativo che lo ha portato frequentemente a lavorare sul trattore o dentro la stalla. Per questo prevediamo per lui un pensionamento piuttosto attivo, più che la classica cura dei nipotini. «In effetti - commenta - a parte che i miei nipoti sono già cresciuti, credo proprio che continuerò, se lo riterranno opportuno, a offrire il mio contributo all'istituto di cui sono stato direttore, dove ho sempre intrattenuto ottimi rapporti con i colleghi, i ricercatori e con i miei studenti. In particolare intenderei proseguire il programma di ricerca, già interamente finanziato, in vista di Expo 2015, dedicato alla "produzione di cibo appropriato: sufficiente, sicuro e sostenibile": una ricerca di chiara matrice interdisciplinare che coinvolge diversi istituti, per valutare le esperienze nutrizionali di tre popolazioni: l'italiana, la congolese e l'indiana (per queste ultime due, ovviamente, ridotta ad alcune aree)».
«Un progetto - chiarisce Bertoni - teso a una produzione di quantità e qualità sostenibile per soddisfare le esigenze nutrizionali, da me coordinato fino ad ora; sarò quindi di supporto a chi mi sostituirà. Un modo - soggiunge - per ampliare il coinvolgimento della nostra facoltà rivolto ai paesi in via di sviluppo, per far crescere una specifica competenza scientifica tesa a facilitare gli interventi, sia dei volontari come delle organizzazioni governative, un impegno a me molto caro e che vorrei fosse proseguito dalla facoltà d'Agraria». Non a caso nel curriculum di Bertoni vanno ricordate tre missioni di studio in Uganda (situazione antropologica, sociologica e agricolo-zootecnica del Karamoja) e una in Etiopia (per conto dell'Ilca). Nell'agosto 1988, per conto della cooperazione allo sviluppo del ministero per gli Affari esteri, ha compiuto una missione in Cina per programmare gli interventi di ripristino della facoltà di Veterinaria di Xining (Quingai). Nel settembre 1994, ha partecipato a una missione di studio presso l'Istituto Sperimentale per la Zootecnia di Tirana (Albania) e nel giugno 1997 presso la facoltà di Agraria di Stara Zagora (Bulgaria).
Il professor Bertoni, dopo tanti anni di insegnamento, fa un bilancio sull’evoluzione della facoltà di Agraria. «Per me non è stata solo ricerca e didattica; ne conosco bene i meccanismi istituzionali in quanto già dal 1983 sono stato cooptato nel comitato permanente dell'Istituto Toniolo. Poi dal 1998 al 2009 nel consiglio di amministrazione della Cattolica in rappresentanza del Toniolo. All'inizio è stato difficile perché abbiamo dovuto far fronte a un rilevante impegno finanziario con la costituzione di nuovi e costosi poli scientifici. Negli anni '80 finalmente lo Stato ha compreso l'importanza delle università libere e abbiamo potuto recuperare. Oggi la situazione è tornata difficoltosa perché è molto oneroso offrire un servizio mediamente superiore nella qualità come il nostro. Noi utilizziamo al meglio le scarse risorse e nonostante questo otteniamo risultati molto buoni. Nell'ottica della spending review, credo che le istituzioni dovrebbero notare quanto facciamo per i nostri allievi».
Un bilancio, il professore, lo traccia anche per la sua disciplina, la zootecnia. «A me è sempre piaciuta l'attività diretta nella stalla e sono buon testimone di passaggi produttivi epocali, dai 22-23 Kg di latte al giorno, agli attuali 40, e 60 nelle pluripare. Sia la genetica che il management complessivo (alimentazione, sanità benessere animale) hanno compiuto, anche grazie alle nostre ricerche, passi da gigante. Bisogna puntare sulla massima cura igienico-sanitaria per una positiva risposta produttiva e di efficienza e questo oggi gli allevatori lo sanno bene, rispettando l'ambiente, nella consapevolezza che è più protetto negli allevamenti intensivi più che negli estensivi; oggi invece si propugna, in una a volte scorretta ottica ambientalista, un tipo di benessere che non è degli animali, un’antropomorfizzazione di bisogni, non reale. Compito dello studioso è quello di seguire la ricerca e le verità scientifiche, non le mode».