«Esiste l’Africa e poi esiste il Congo». Così Giampaolo Musumeci, fotografo, giornalista e videoreporter che si occupa di guerre e questioni africane, il 22 febbraio ha presentato agli studenti del corso di Storia e istituzioni dell’Africa tenuto dalla prof.ssa Beatrice Nicolini un reportage in esclusiva sulle violenze in Africa centrale. L’incontro, promosso dalla facoltà e dal dipartimento di Scienze politiche e dal Centro Pastorale, ha permesso di conoscere realtà mostrate attraverso immagini di altissimo impatto, poco conosciute e poco studiate su uno dei paesi più ricchi del mondo, ma proprio in quanto tale, più tormentato da guerre regionali e internazionali. Il prezzo più alto viene pagato dalle donne: uniche protagoniste di ogni aspetto della vita e vittime di continui stupri di guerra, un crimine contro l’umanità che rimane sostanzialmente impunito in Africa.
L’esercito governativo della Repubblica Democratica del Congo si scontra con i gruppi ribelli, solo nella provincia del Kivu se ne contano venti, in una vischiosità di competenze e irresponsabilità dove le prime vittime sono le popolazioni che si trovano a vivere sui territori più ricchi di risorse naturali. «Si può scambiare facilmente un mitra Kalashnikov con un cellulare da pochi euro: avere un mitra significa poter sopravvivere. Non c’è un futuro, non c’è un domani. Nessuno paga o viene punito, qui tutto può accadere», ha raccontato Musumeci. Le organizzazioni umanitarie presenti sul territorio possiedono nella maggioranza dei casi strutture burocratiche molto complesse e pesanti che penalizzano i risultati, e gli aiuti spesso non riescono ad essere realmente efficaci.
Quali le proposte e le potenziali soluzioni? Innanzitutto, la Comunità internazionale, presente con una forza Monuc di pochi contingenti che spesso non comprendono le lingue locali (nemmeno il francese), dovrebbe procedere con mappature puntuali delle risorse naturali e delle miniere: qui si estrae il coltan, minerale indispensabile per i computer e i cellulari. L’esercito governativo dovrebbe venir identificato e regolamentato per impedire lo sfaldamento attuale e i crimini, veri e propri stupri di massa, spesso compiuti dagli stessi soldati contro le popolazioni. Le donne, spina dorsale economica del Paese, necessitano di difesa e protezione.
La vita nella foresta del Congo è inimmaginabile per chiunque non abbia provato, si tratta di abbandonare ogni certezza, ogni punto di riferimento, e ancora oggi quasi ogni speranza. E proprio nelle testimonianze di coloro che ricercano la verità, che desiderano “fermare” con le loro immagini piccoli istanti di vite dimenticate si trova la più grande luce di una esigenza di conoscenza, e, soprattutto, di comprensione.