C’è un particolare che contraddistingue la produzione letteraria di Emilio De Martino. Si trova all’interno di uno dei suoi romanzi più apprezzati dalla critica, Il cuore in un pugno. «E’ la storia di Fernando De Franzi, un pugile, chiaro alter ego di Primo Carnera. Nel suo romanzo De Martino fa conquistare al suo protagonista il titolo mondiale dei pesi massimi battendo lo statunitense Jack Sharkey alla quinta ripresa. Cosa che accadde veramente anche a Carnera. Con un “piccolo” dettaglio: Carnera vinse il match nel 1933 mentre il librò fu pubblicato nel 1930. De Martino, come dimostra questo aneddoto, è stato un vero precursore». E’ questo episodio, raccontato da Ermanno Paccagnini, critico letterario e docente della Cattolica, che si è inaugurata la cerimonia di presentazione al pubblico del fondo De Martino, recentemente acquisito dalla biblioteca della nostra università.
L’evento, animato e moderato da Robertino Ghiringhelli docente alla facoltà di Scienze della Formazione nonché promotore, insieme alla moglie di Aldo, Carla, dell’acquisizione dell’archivio, è stata una bella occasione per ricordare Emilio e Aldo, due cronisti sportivi entrati di diritto nella storia del giornalismo (non solo sportivo) italiano. «Ma anche in quello della letteratura – ha ribadito Paccagnini al termine del suo intervento su Emilio De Martino – perché se è vero che spesso ci imbattiamo in giornalisti che scrivono romanzi mentre qui siamo di fronte a uno scrittore vero».
A ricordare la figura di Aldo De Martino invece ci ha pensato una delle “voci” più amate dal pubblico italiano, Bruno Pizzul: «Come molti ragazzini della mia generazione ho amato molto uno dei libri più famosi di Emilio De Martino, La squadra di stoppa, e quando, arrivato nella sede Rai di Milano, trovai ad accogliermi suo figlio provai subito un senso di familiarità con l’ambiente. Emilio e Aldo – ha proseguito Pizzul – hanno sempre avuto una preoccupazione trasparente, quella di cogliere dallo sport gli aspetti positivi, pedagogici, come il rispetto delle regole, la cultura della sconfitta, lo spirito di sacrificio. Avendo avuto la fortuna di lavorare con Aldo non posso non ricordare il suo spirito irrequieto, che spesso contrastava con la mia proverbiale pigrizia e il suo modo, straordinario, di concepire lo sport, il lavoro, la vita. La sua vocazione a voler migliorare le cose - ha concluso – era una missione che non voleva compiere da solo ma coinvolgendo tutti coloro che lo circondavano».
Una propensione, questa di Aldo De Martino, che ha sottolineato anche l’amico Carlo Sarasso, docente all’Università di Torino che ne ha ricordato l’impegno nel rifondare l’Accademia degli Inquieti (insieme a un altro grande personaggio, l’avvocato Peppino Prisco) e nelle varie iniziative del Rotary Club. Un’intraprendenza ripresa anche da Massimo Ferrari, docente di Storia del Giornalismo alla Cattolica di Brescia, che ha voluto evocare un aspetto forse poco noto dei De Martino: la passione per il volo.
«Poter consultare un archivio del genere è prima di tutto una grande emozione – ha detto Ferrari – spero che gli studenti sappiano apprezzare e sfruttare questo patrimonio». C’è da sperarlo. Il fondo De Martino, come ha spiegato Paolo Sirito, intervenuto a nome della biblioteca di ateneo , consta infatti non solo di libri ma anche di numerose lettere, manoscritti, corrispondenze e ritagli di giornale.