Una lunga storia di lavoro per l’integrazione nella scuola, nel lavoro e nella società. Il traguardo delle novanta candeline dell’ Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus è stato festeggiato il 29 settembre nella Sala della Lupa della Camera dei Deputati a Roma, alla presenza del presidente Gianfranco Fini che ha portato il suo saluto prima di presiedere la seduta parlamentare per discutere la fiducia al Governo. Dopo il saluto del presidente dell’Unione Tommaso Daniele e l’introduzione della giornalista Carmen Lasorella, che ha coordinato i lavori, la lectio magistralis per ripercorrere i novant’anni dell’associazione è stata affidata a Luigi D’Alonzo, docente di Pedagogia speciale e delegato del rettore per il Servizio accoglienza agli studenti con disabilità e studenti con dislessia dell’Università Cattolica.
D’Alonzo, nel ripercorrere le battaglie dell’Unione, che hanno aperto la strada ad altrettante conquiste per l’integrazione di ciechi e ipovedenti nella società italiana, ha richiamato un primato riconosciuto da tutti nel mondo per il nostro Paese: il primato dell’integrazione totale della persona con disabilità nei nostri contesti scolatici e sociali. «È un dato di fatto che è doveroso sottolineare - ha affermato -: le persone con limitazioni possono, se lo desiderano, fruire di ogni opportunità, come qualsiasi altro cittadino italiano. Al giorno d'oggi costatiamo la presenza di soggetti con deficit non solamente a scuola, ma anche nel mondo del lavoro, in posti di responsabilità aziendale e politica, nello sport. Esiste nel nostro Paese una "normalità" della presenza della persona con disabilità che occorre mettere in evidenza come valore acquisito». Era proprio questa la meta che desideravano raggiungere i padri fondatori dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti: rendere il più possibile comune la presenza della persona con disabilità sensoriale nella società, permettendole di vivere la propria vita con tutti, nella scuola, nell’università, nel mondo del lavoro, nei contesti sociali.
Si calcola che oggi in Italia ci siano circa 120 mila non vedenti. 13.000 sono occupati nel mondo del lavoro: circa 9.000 centralinisti, 1.000 massofisioterapisti e fisioterapisti, circa 500 insegnanti, circa 1.000 occupati in altri settori. «Il merito di questo successo professionale - ha detto il professor D’Alonzo - è dovuto certamente all’azione pressante e competente dell’associazione che con lungimiranza ha saputo guardare al momento storico pensando non al bene concreto immediato, ma al futuro delle persone cieche e ipovedenti».
Ma l’integrazione delle persone con disabilità sensoriale non ha prodotto benefici in una sola direzione. Secondo il pedagogista della Cattolica, nella scuola, per esempio, l’esperienza integrativa totale ha insegnato non solo ad accettare ed accogliere l'allievo con deficit, ma ha costretto gli insegnanti a promuovere un superamento del modello didattico tradizionale, quello cattedratico. «Soprattutto nei cicli inferiori si sono notate delle innovazioni metodologiche molto interessanti: la didattica classica ha lasciato il passo a metodi di insegnamento molto più attenti ai bisogni della persona. Dove si lavora bene il benessere degli studenti è aumentato in modo consistente in quanto l'interesse verso la persona "educando" è diventato l'aspetto primario del lavoro degli insegnanti. L'integrazione della persona disabile ha favorito, inoltre, l'abbattimento di un altro muro nel nostro modello scolastico, quello della incomunicabilità fra docenti».
La presenza della persona con deficit ha portato però grande innovazione a beneficio del bene comune anche nelle prestazioni dei servizi a disposizione di tutti i cittadini. «Dove si agisce con professionalità - ha concluso D’Alonzo, i vari uffici comunali e socio-sanitari sono davvero a disposizione dei cittadini, l’attenzione ai bisogni dei singoli utenti si è incrementata, le prestazioni, dove si lavora bene, offrono sostegno alla persona. Anche il mondo del lavoro riesce a comprendere il valore della presenza della persona con limitazioni; dove si lavora bene, si incrementa la capacità dell’azienda di mettere a proprio agio i lavoratori e questo incrementa l’aspetto produttivo; la presenza della persona con disabilità favorisce, inoltre, lo spirito di collaborazione e di sostegno reciproco, cardine di ogni progresso produttivo».