Happy feet e Little Miss Sunshine per imparare a prevenire la timidezza e la vergogna. Cattivissimo me per parlare di rabbia, della frustrazione e degli educatori troppo intransigenti. E poi la paura, quella che immobilizza, a partire da Monsters&Co e Io non ho paura. Sono le pellicole che la facoltà di Scienze della formazione della sede piacentina della Cattolica ha proposto in tre serate a educatori e genitori, in concomitanza con il progetto “Crescere con le immagini dei film”, promosso dal Comune di Piacenza e rivolto agli insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo grado.
L’obiettivo? «Offrire un’occasione di riflessione sulle emozioni e sui comportamenti dei “grandi” quando incontrano sentimenti che vivono come imbarazzanti nei bambini e negli adolescenti, mettendo in campo risposte che a volte aiutano, a volte invece ostacolano una elaborazione positiva delle emozioni», risponde Daniele Bruzzone, docente di Pedagogia delle relazioni educative della sede piacentina.
L’iniziativa, che ha coinvolto un pubblico ampio, prende le mosse dalla pubblicazione del libro Guardiamoci in un film. Scene di famiglia per educare alla vita emotiva, curato da Vanna Iori (Franco Angeli, 2011), in cui i pedagogisti della Cattolica hanno proposto percorsi per “allenare” genitori e figli alla consapevolezza emotiva attraverso il medium cinematografico. «A ogni emozione - aggiunge Bruzzone - sono associate diverse schede filmiche con tracce di analisi e guida per la riflessione condivisa tra adulti e ragazzi. La tristezza, la noia, la gelosia, il dolore - ma anche la gioia e la felicità - diventano allora, da manifestazioni di fronte alle quali gli adulti non sanno che cosa fare, vere e proprie occasioni di crescita e di conoscenza di sé».
Prima emozione in scena la rabbia, che spesso scaturisce dal senso di impotenza, o dalla mancanza di ascolto e attenzione da parte degli educatori che guidano nella crescita. Così come il protagonista di Cattivissimo me, che frustrato da una madre incapace di apprezzare le sue imprese e le sue invenzioni, alza la posta per ottenere la sua stima, fino a porsi l’obiettivo smisurato di rubare la luna. Ma quando incontra l’affetto nella figura di tre orfanelle, che inizialmente il protagonista vuole usare per i suoi scopi, la sua rabbia si trasforma in benevolenza. «La rabbia è un'emozione come le altre, da legittimare, accettare. Ma anche da aiutare a gestire, aiutando il bambino a riprendere il controllo di sé e della situazione», afferma Elisabetta Musi, relatrice del primo appuntamento. «Gli adulti devono permettere ai bambini di esprimere la frustrazione e la rabbia, aiutandoli a capirne l'origine e la causa. Le emozioni diventano violente e distruttive solo quando sono inascoltate e represse».
Il tema della paura, trattato da Alessandra Augelli, ha suscitato notevole interesse nei genitori e degli educatori che hanno raccontato vissuti ed esperienze e posto molte domande. «Aiutati anche da alcune sequenze filmiche tratte da Montsers&Co e Io non ho paura, si è visto come le paure siano diverse e cambino nel corso del tempo. In una società che da un lato enfatizza i timori e le preoccupazioni, dall'altro li esorcizza attraverso irreali e pericolose prove di coraggio, educare ad attraversare e superare le paure significa soprattutto aiutare i ragazzi a riconoscerle, accoglierle e nominarle». Il vero coraggio, dunque, non sta nel non aver paura, ma nell'arginarla imparando a prendere decisioni e a fare delle scelte volte al bene per sé e per gli altri. Si tratta, allora, di non fuggire ma di affrontare le situazioni più difficili, nella consapevolezza che la paura non toglie valore alla persona, ma esprimendo il limite e la vulnerabilità, aiuta a essere prudenti e a saper chiedere aiuto agli altri, un atteggiamento trascurato soprattutto nel tempo dell'indipendenza e dell'autonomia.
Temi del terzo incontro la vergogna e la timidezza, che Daniele Bruzzone ha affrontato con il supporto di alcune scene di Little Miss Sunshine, Happy Feet e La mia vita in rosa. «La vergogna e il senso di inadeguatezza scaturiscono spesso dall’ansia del perfezionismo e dall’idea diffusa (e dannosa) che i nostri figli debbano riuscire sempre, avere successo, essere pienamente felici. Questo rende incapaci genitori e figli di accettare il limite e il fallimento e di valorizzare l'errore come opportunità di apprendimento. Se poi i ragazzi vivono in un clima in cui non li si aiuta a conoscere, accettare e sviluppare la propria diversità, ma li si vuole omologare alla "norma" o alle aspettative altrui – sottolinea il docente – allora attecchisce il senso di insicurezza e di inferiorità, nei bambini e soprattutto negli adolescenti. Solo l'educazione all'autenticità fa crescere persone equilibrate e fiduciose in se stesse».