Marina, 24 anni, si è appena laureata in Lingue e letterature straniere, non ha mai sostenuto un colloquio di lavoro, ma vuole imparare a raccontarsi in maniera concisa ed efficace: «Mi piacerebbe fare l'interprete, ma visti i tempi trovare un qualsiasi lavoro che riguardi quello che ho studiato andrebbe benissimo». Paola, 25 anni, una laurea in Scienze politiche dice: «Il mio sogno sarebbe lavorare nei consolati. Mando tanti curriculum, ma rispondono pochi e mai quelli che vorresti». Ma c'è anche chi ha superato diversi colloqui ma non ha ancora trovato la sua strada. È il clima che si respira tra i ragazzi in ordinata attesa fuori dall'aula dove il servizio Stage&Placement ha invitato il 26 marzo gli studenti a imparare a "far galleggiare il tuo Cv in un mare di curriculum vitae".
Il compito di insegnare a questi ragazzi i trucchi per superare le selezioni via web ed essere contattati dall'azienda ideale è affidato a Francesco Cusaro, dell'associazione di volontariato Prospera, che riunisce dirigenti di varie aziende per aiutare i giovani a orientarsi nel mondo del lavoro. In un clima informale, attorno a un tavolo ovale, i ragazzi si presentano, tra speranze, esigenze paure e progetti. Soprattutto dubbi: Come si raccontano gli stage? Come si fa buona impressione alle aziende? Una laureanda in Economia dei mercati e strategia d'impresa esclama: «Sono completamente disorientata. Da diplomata ragioneria nel 2006 mi chiamavano banche, aziende. Oggi, laureata, sono io che devo farmi da fare per trovare un lavoro». Allora come far emergere le proprie competenze in un mercato in crisi? Lo spirito di adattamento non manca, ma da che parte iniziare?
Per far "galleggiare" il proprio curriculum, cioè per far si che non venga sommerso da altri, è necessario innanzitutto, secondo Cusaro, capire il punto di vista dell'azienda: «C'è crisi ma i posti di lavoro esistono ancora, dobbiamo trovare il link tra le esigenze dell'azienda di trovare il candidato ideale e la vostra di trovare lavoro». Il ponte fra l'azienda e il candidato va costruito con una certa razionalità e seguendo vari step.
Primo passo: scegliere l'annuncio. Alle aziende arrivano curriculum di tutti i tipi, per questo sono molto precise nel dettagliare le inserzioni. Esistono vari portali che gestiscono annunci lavorativi, in particolare su Jobville, che è un portale di portali, posso mappare le esigenze di lavoro per città, e fare quindi una ricerca per settore e rendermi conto in quale città o zona c'è più necessità della mia figura professionale. Passo numero uno quindi è quello di vagliare le opportunità a disposizione sul mercato.
Step 2: galleggiare sul web. Cusaro chiede ai ragazzi: «Secondo voi chi legge il vostro curriculum?». Varie le risposte, ma solo una studentessa, forse più disillusa, indovina: «Una macchina». Già, a filtrare le richieste delle giovani forze del mondo del lavoro, almeno nelle medie e grandi aziende, è un pc che filtra le richieste in base a delle parole chiave a cui viene dato un punteggio, per questo motivo è fondamentale compilare diligentemente la scheda online richiesta prima di allegare il Cv, prestando attenzione a inserire, con la stessa grafia, le parole comprese nell'annuncio dell'azienda. Una volta superato questo primo scoglio la seconda lettura è sempre informatica, esiste infatti un motore booleano che paragona il Cv all'inserzione: più campi identici ci sono, più il curriculum, galleggia. Il che porta a una conclusione: non esiste un curriculum bello o brutto, il trucco è riscriverlo a seconda dell'annuncio scelto. Se non ricevete risposte è solo perché non avete scritto il Cv con le giuste parole chiave. I primi 20 curriculum che risultano compatibili con l'annuncio poi vengono finalmente letti da un recruiter. Naturalmente queste indicazioni non sono un invito a barare su Cv, perché, avvisa Cusaro: «Anche se riuscite a superare le selezioni, il lavoro ottenuto millantando competenze che non avete, sarà un inferno».
Step 3: la telefonata. Siete stati selezionati, ricevete la telefonata che stavate aspettando per fissare il colloquio. Attenzione, nel momento in cui dite «Pronto?», pronti dovete esserlo veramente, perché a chiamarvi solitamente è lo psicologo del lavoro, che già dalla telefonata comincia la selezione: «Appena squilla il telefono siete in colloquio, bisogna esser decisi, svegli e grintosi e mostrare massima disponibilità. Se siete lontani dalla sede proponete un colloquio via Skype ma ricordatevi che in questa fase l'abito fa il monaco: conta il tono di voce, il vestito. Dovete vendervi al meglio, presentandovi in ordine, ma senza esagerare: no a tacco a spillo, capello gellato o abito stile matrimonio».
Ultimo step: il colloquio. Ed eccoci alla parte più complessa, perché dovete capire chi avete davanti. Un buon recruiter utilizza le tecniche comportamentali, che tendono a farvi raccontare situazioni tipo del vostro passato per valutare come vi comporterete sul lavoro. Lo scopo di un reclutatore è quello di valutare se il candidato è valido per il contesto dell'azienda. Volete un esempio? Cusaro improvvisa un test formulando questa domanda: «Chi è il professore migliore che hai avuto e perché? Il peggiore e perché?» Una neolaureata risponde: «Ho apprezzato molto un professore sempre disponibile a dare spiegazioni, anche a fine lezione; all'opposto ne ho incontrato uno che dava sempre per scontato i concetti, senza soffermarsi». Cosa ricava un recruiter da una domanda apparentemente banale? La persona che ho di fronte cerca un ambiente di lavoro disponibile, in cui siano chiari i vari passaggi e ci si fermi a dare spiegazioni sulle fasi di lavoro, se l'azienda ha un ambiente molto frenetico la candidata non è adatta.
Insomma, ossa e muscoli ci sono anche nel lavoro: devo conoscere le regole, avere delle competenze professionale (ossa), ma senza muscoli (comportamento, personalità) non si sta in piedi. Un recruiter guarda anche alla vita personale, per saggiare i muscoli del candidato: avete fatto viaggi? Come? Organizzati da voi? Interessano i comportamenti distintivi della vostra personalità. E allora gli hobby vanno messi nel Cv o si fa la figura degli sfaccendati? Conta la forma: non quanto tempo dedico allo sport o ad altro, ma perché (la competizione, la voglia di vincere, ecc.). Timidamente allora qualcuno chiede: «Io dedico il tempo libero a educare i ragazzi in oratorio, lo scrivo o no? è interessante?». Cusaro spiega: «Metti in evidenza il perché ti piace farlo. Per esempio: "La cosa che mi riesce meglio è il seguire gli altri, essere attento allo sviluppo di altre persone"».
L'importante è non bluffare, essere se stessi ma presentarsi nel modo migliore senza dimenticare che sotto gli occhi dell'azienda ci sono anche i vostri profili online: facebook, twitter, linkedin. I social sono utili, ma il pericolo nasce se vengono utilizzati in maniera superficiale: «Per le sciocchezze create un altro profilo», avvisa Cusaro, l'immagine online, accessibile a tutti, deve rimanere professionale e soprattutto aggiornata, altrimenti meglio non utilizzare i social.
Rimane un ultimo consiglio: shape your job. La ricerca del lavoro va vista come una funzione a più variabili, che dipendono da fattori esterni (la ricerca sui portali filtrando le possibilità per città, lavoro, ecc., le tecniche su come far galleggiare il Cv) e soggettivi: conoscersi è fondamentale, capire con chiarezza cosa vogliamo essere e quali qualità possiamo spendere nel mondo del lavoro. Marco, iscritto al secondo anno di Scienze bancarie, chiede: «Se c'è qualcosa che può fare la differenza vorrei scoprilo». Sei tu.