Destinano la maggioranza del loro reddito all’abitazione e alle bollette e sono costretti a ricorrere alle mense dei poveri. Eppure si destreggiano nella scelta dei consumi quotidiani per non sentirsi ai margini e mantenere alta la stima di sé. È quanto emerge da uno studio realizzato dal Centro per lo studio della moda e della produzione culturale (Modacult) dell’Università Cattolica, in collaborazione con le Università di Milano, Bologna, Sassari, Trento, che ha tracciato un profilo delle abitudini di consumo di famiglie che vivono sotto la soglia di povertà in quattro diversi contesti regionali: Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Sardegna.
Lo studio, raccolto nel volume Consumi ai margini, a cura di Laura Bovone e Carla Lunghi (Donzelli Editore), sarà presentato venerdì 23 ottobre alle ore 9.30 presso l’Aula Pio XI dell’Ateneo del Sacro Cuore. Oltre alle curatrici, illustreranno i risultati: Giancarlo Rovati, dell’Università Cattolica, Andrea Vargiu, dell’Università di Sassari, Pierluigi Musarò, dell’Università di Bologna, Giovanna Gadotti, dell’Università di Trento, Lorenzo Domaneschi, Paola Rebughini, Paola Bonizzoni e Luisa Leonini, dell’Università di Milano. Seguirà alle 14.30 una tavola rotonda coordinata da Gianfranco Fabi, direttore di Radio 24, dedicata al tema Il consumo tra necessità e scelta, alla quale, tra gli altri, intervengono Adriano Aletti, Saatchi & Saatchi X, Maurizio Ambrosini, dell’Università di Milano, don Virginio Colmegna, Casa della Carità, Donatella Grassi, Istat, Marco Lucchini, Fondazione Banco Alimentare, Nanni Strada, Nanni Strada Design Studio, Luca Falasconi, Carpe Cibum, Piermarco Aroldi e Guido Merzoni, dell’Università Cattolica.
Consumi ai margini raccoglie storie di famiglie a basso reddito residenti a Milano, Trento, Sassari e Bologna. In particolare, indaga i comportamenti di consumo di italiani e immigrati, fotografa ambienti e oggetti, analizza criteri di scelta e culture, modalità di risparmio e priorità di spesa. Ne emerge un quadro variegato, spesso trascurato dalle consuete indagini di tipo quantitativo sulla povertà. Una certa dose di creatività non è preclusa a chi ha pochi mezzi economici a disposizione, e viene esercitata non solo per trovare un rimedio qualsiasi al bisogno - la tipica arte di arrangiarsi -, ma anche per mantenere alta la stima di se stessi e desta la memoria della propria storia. «Nonostante questa ricerca abbia messo in luce anche casi estremi di indigenza - dicono le curatrici del volume -, famiglie che destinano la maggioranza del loro reddito all’abitazione e alle bollette e sono perciò costrette a far ricorso alle mense pubbliche per alimentarsi, il gusto di vivere spesso emerge dai consumi quotidiani, dall’arredo delle abitazioni, dai ricordi del passato e dai progetti per il futuro».
Un caso particolare è rappresentato dagli immigrati, tra i quali spesso si registra uno sguardo più positivo sulla vita e una tenace volontà di riscatto: la povertà dei consumi convive, paradossalmente, con l’accumulazione dei risparmi da indirizzare ai famigliari lasciati in patria; la prospettiva di una vita migliore sostiene la fatica di una vita quotidiana di estrema durezza. Inoltre, nel vissuto quotidiano degli stranieri poveri un ruolo determinante è svolto dai consumi mediali, per lo più orientati a mantenere i legami con la terra d’origine. Quando, poi, il confronto con gli altri diventa sfavorevole, entra in gioco la strategia dei consumi mimetici come gli accessori alla moda, l’abbigliamento sportivo, i cellulari di ultima generazione. Un sapiente mix di rinunce e di ostentazioni preserva molti dall’umiliazione più grave e paralizzante: essere considerati e sentirsi ai margini.