Quale democrazia? Con questa domanda si aprì cinquant’anni fa la conferenza, finora inedita, che il filosofo della politica Norberto Bobbio tenne a Brescia. Un discorso che ha trovato pubblicazione nel volume omonimo della casa editrice Morcelliana, con prefazione di Salvatore Veca. Ed è stato proprio il filosofo dell’Università di Pavia a presentare il libro lo scorso 10 febbraio nella libreria dell’Università Cattolica il libro su invito della Cooperativa cattolico democratica di cultura.
La qualità della democrazia in Italia si misurava, secondo Bobbio, nella risposta a tre domande: «La classe politica deriva il suo potere direttamente dal consenso popolare? È integralmente attuato il principio della responsabilità di chi detiene il potere di governare? Qual è l’intensità e rapidità della circolazione della classe politica?». Domande che Veca, presentato da Francesca Bazoli che ne ha steso la premessa, ha attualizzato e riproposto incalzato da Mario Bussi, curatore del volume, che nella postfazione si sofferma sul dualismo tra “essere” e “dover essere” che caratterizza il pensiero del filosofo torinese.
Quello stesso pessimismo sui primi passi della giovane repubblica non sembra mancare anche nella riflessione di Veca sugli sviluppi della cosiddetta “Seconda Repubblica”. «Il caso italiano mostra quasi un vulnus alla democrazia, con un permanente conflitto d’interessi e con un controllo dei partiti sugli eletti aumentato a dismisura, tanto che ormai i parlamentari sono di fatto nominati dai vertici delle forze politiche». Il problema non riguarda solo l’Italia: «L’enorme peso che le ineguaglianze sociali, economiche e culturali hanno sulla regolarità democratica è un pericolo per molte democrazie».
Molti studi recenti cercano di costruire “indicatori di democrazia”. Un parametro fondamentale, spiega Veca, è proprio il rapporto tra qualità di vita e forbici di ineguaglianza: «Più la società si frammenta in ghetti e caste, più sembra che la democrazia si allontani». D’altronde la democrazia è un sistema fragile, perché - diceva Bobbio - «si propone il compito di conciliare due cose contrastanti come la libertà e il potere». L’obiettivo per realizzare la «democrazia come ideale di eguaglianza e compito di giustizia», auspicato da Bobbio a Brescia, è una «società che tuteli la possibilità delle persone di essere se stesse, di determinare liberamente la propria condizione di vita. Per questo è importante accrescere l’accesso all’educazione, che aumenta le opzioni di scelta possibili».
Da Bobbio Salvatore Veca ha appreso anche una lezione umana di democrazia. «Ho imparato il modo di stare con gli altri e di convivere nella diversità. Il grande maestro prendeva sul serio gli altri, li considerava interlocutori e non semplici spettatori così come faceva parte del suo ethos democratico rispettare e rispondere a tutti».