Si è spento il 12 aprile all’età di 87 anni a Cavriglia, nella sua casa toscana, l’ortopedico Gianfranco Fineschi, uno dei chirurghi che curò papa Wojtyla. Il primo intervento risale all’11 novembre 1993 in seguito alla caduta del Pontefice nella sala delle Benedizioni in Vaticano. Operato alla spalla lussata fu dimesso il 12 novembre. Il secondo intervento risale al 29 aprile 1994 per la frattura del collo femorale destro, il Papa fu dimesso il 27 maggio. Con Giovanni Paolo II Fineschi instaurò un rapporto di amicizia, stima e affetto. Le memorie del rapporto con l’illustre paziente furono raccontati dal professore scomparso nel libro “Giovanni Paolo II nel ricordo di uno dei suoi chirurghi” - Edizione Piccin pubblicato nel 2007 due anni dopo la morte del Papa.
Nato a Firenze il 17 marzo 1923, Fineschi è stato il più prestigioso allievo della Scuola ortopedica fiorentina fondata dal professor Oscar Scaglietti. Nel 1967, poco più che quarantenne, venne chiamato a ricoprire la cattedra di Ortopedia dell’Università Cattolica a Roma dove fondò e diresse l’Istituto di Clinica Ortopedica. Per 27 anni svolse la sua attività didattica nel corso di laurea e nella scuola di specializzazione in Ortopedia e traumatologia. Fineschi ha coniugato la scienza con l’umanesimo e la cultura. Conosciuto anche come “rosaista e rodologo”, cioè studioso appassionato e collezionista di tutte le specie botaniche del Genus Rosa. Per questo hobby creò un grande roseto nel comune di Cavriglia con oltre settemila specie e varietà, chiamato “Roseto Botanico Carla Fineschi”, in memoria di sua moglie.
Autore di innumerevoli pubblicazioni scientifiche e monografie è stato membro carismatico di moltissime società scientifiche. Il suo nome è legato a studi sull’ernia discale lombare e cervicale, sulle lesioni vascolari traumatiche degli arti e sulla sindrome di Volkmann. Proprio questo fu l’argomento che trattò nella sua ultima lezione accademica il 23 maggio 1995 al Policlinico universitario “Agostino Gemelli”.
I funerali si sono tenuti il 13 aprile nella Chiesa di Cavriglia (Arezzo).